Nel mondo anglosassone, ma anche in Francia, in Germania, in Australia e in Norvegia, si legifera in modo totalmente opposto. Ogni norma è immediatamente esecutiva perché contiene in sé gli elementi necessari. Per cui si conosce la sua efficacia nel momento stesso dell’approvazione da parte del Parlamento, non quando la burocrazia farà i successivi adempimenti che non arrivano mai.
Il modo di legiferare italiano ha un’ulteriore pesantezza: arzigogola, fa continui richiami, interviene su altre leggi, ne cancella commi, aggiunge frasi e via enumerando. Un classico comportamento di chi non vuole fare le cose.
Ancora, nel mondo anglosassone, una riforma riscrive interamente e da zero tutta la materia e cancella contestualmente tutte le leggi che la riguardano.
Veniamo ai numeri del disastro. Le partecipate locali, stimate da Cottarelli fra 8 e 10 mila, hanno perso nel 2013 ben 26 mld €. Se è vero che saranno ridotte a mille, le perdite potranno ridursi a 8/10 mld €.
Altri numeri del disastro: recessione 0,2%, deflazione 0,2% (insieme costituiscono la stagflazione), disoccupati che tendono al 13%. La situazione non è ancora arrivata al punto più basso.
Dunque, si legifera per non fare, si fanno annunci a raffica (annuncite), non si approvano tempestivamente i decreti attuativi (ripetiamo: sono ben 669), mentre la burocrazia statale farà di tutto per ritardarne l’emissione, soprattutto di quelli che tagliano i loro privilegi e quelli dei loro amici.
La prossima legge di stabilità 2015, che dovrà essere inviata all’Unione europea entro il 15 ottobre, dovrà contenere tutti i tagli necessari a quel moloch della spesa pubblica, senza dei quali non si può mettere in moto l’economia, nè ridurre la disoccupazione.
Su questo versante, la prossima legge sul lavoro dovrebbe liberalizzare i rapporti, anche qui sul modello anglosassone, e non tedesco, in modo da assumere, assumere e assumere, creando la selezione naturale fra meritevoli e sfaticati.
Il cappio alla gola del Paese si stringe sempre di più. Quello alla gola della Sicilia è già stretto. Il presidente del 15% dei siciliani non sa cosa fare, se non il pesce in barile. La situazione è drammatica, anche perché si nasconde e non risponde alle 14 domande pubblicate per ben 15 volte sul nostro giornale.
Crocetta non parla, non scrive, non telefona. Fa la bella statuina. Intanto i siciliani piangono.