Acciaierie di Sicilia in crisi cronica per la mancanza di materia prima

PALERMO – C’è la crisi di mezzo, e questo è assodato in Sicilia, quando si parla di licenziamenti. Forse è anche diventato un alibi in alcuni casi, fatto sta che è così al momento. Il paradosso però è che in quest’Isola ci si complica la vita anche quando il lavoro in realtà c’è; così è ad esempio per un comparto produttivo dell’industria assolutamente vitale per il tessuto produttivo locale: stiamo parlando delle acciaierie che rischiano seriamente di chiudere i battenti. Perché? Da due mesi si registra il costante dimezzamento nell’approvvigionamento del rottame siciliano, sceso da 1.800 a 700 tonnellate al giorno. E’ la Cisl ad avere certificato questo dato preoccupante: la diminuzione di produzione ha portato alla riduzione del 40 per cento dell’orario di lavoro che mette a rischio la tenuta dei costi e dell’azienda stessa se non si interviene su energia e rottame.
Proprio così: non c’è materia prima da lavorare ed allora si va in crisi. In questi giorni i lavoratori, supportati dai sindacati di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil sono scesi in piazza. Il corteo, con tanto di striscioni e tamburi, si è spostato da piazza Università alla Prefettura di Catania, per poi presidiare piazza Duomo, accanto al Liotru, chiedendo l’intervento dell’amministrazione comunale. Ad essere infatti richiesto è un vero e proprio intervento istituzionale, ben sapendo che i Comuni in questa faccenda non hanno voce in capitolo. L’intervento dei Comuni della Sicilia orientale viene richiesta a tutela proprio delle Acciaierie di Sicilia, riunite sotto la sigla AdS. In particolare la Fim Cisl ha chiamato in causa le prefetture di Catania e Siracusa.
 
“Le Acciaierie di Sicilia – dicono Rosaria Rotolo, segretaria generale della Cisl di Catania, e Piero Nicastro, segretario generale della Fim Cisl etnea – sono una realtà produttiva e lavorativa in cui da tempo c’è una forte e responsabile collaborazione tra azienda e sindacato, che contraddistingue l’azione sindacale della Cisl nel territorio, da cui deriva una produzione di beni in gran parte esportati all’estero a vanto della siderurgia siciliana”.
Ad essere intervenuta anche Confindustria che ha garantito pieno supporto all’impresa. L’organico è composto da quasi 300 lavoratori, di questi già 45 sono in cassa integrazione e il numero potrebbe aumentare. Infatti dall’1 settembre scorso il monte orario è stato tagliato del 40 per cento.
 
“AdS – aggiungono Rotolo e Nicastro – sono un’eccellenza produttiva da salvaguardare specialmente in un territorio dissanguato dalla perdita costante di posti di lavoro. Abbiamo sempre ribadito che le aziende a Catania, come in Sicilia, ci sono e ce ne potrebbero essere altre se si investe nel settore dei servizi, nelle infrastrutture e, come abbiamo sempre chiesto, nel costo dell’energia diventato fattore fin troppo limitante delle attività produttive e industriali locali. Dopo la denuncia dell’azienda sulla gestione del rottame – concludono – si fa ancora più importante l’intervento delle istituzioni locali, regionali e nazionali perché da un lato vengano rispettate da tutti le regole operanti nel settore, dall’altro si tutelino le realtà produttive esistenti”.
 

 
L’export per contrastare la crisi interna
 
I programmi erano di fronteggiare il calo di mercato locale, dovuto al blocco dell’edilizia e dei lavori per le infrastrutture regionali, esportando verso i Paesi del Nord-Africa e produrre 290.000 tonnellate contenendo gli esuberi con accordo sindacale in cui è previsto la riduzione dell’orario settimanale di lavoro del 10 per cento, attraverso ammortizzatori sociali e turnistica nelle ore di minor impatto sul costo dell’energia. Oggi l’azienda non può rispettare l’accordo per mancanza della materia prima, il rottame. L’unica acciaieria siciliana rischia così di chiudere i battenti prima della fine dell’anno, mettendo in serio pericolo occupazionale non solo i 200 lavoratori di AdS ma anche altrettanti nell’indotto.
“Chiediamo che venga fatta al più presto una riunione con gli assessorati regionali competenti – sostengono Cgil, Cisl e Uil – affinchè si capisca quale sia la regolamentazione dei rottami nell’isola, e poi non si comprende come mai la Sicilia, area produttrice di energia elettrica, ha un costo superiore del 30 per cento rispetto alle altre Regioni d’Italia. Questo non è più ammissibile in un contesto siciliano dove il lavoro manca e a breve potrebbe anche sparire l’acciaieria se la situazione si mantiene in questo modo”.