I fondi comunitari sono una risorsa fondamentale che appare mal gestita, lei che ne pensa?
“I fondi comunitari costituiscono, da sempre, un’importante fonte di finanziamento, specie in un contesto internazionale che ha imposto l’adozione di misure drastiche a livello europeo (200 miliardi di euro nel piano della Commissione) per scongiurare o, comunque, limitare gli effetti di una lunga e complessa recessione. Siamo riusciti ad ottenere dall’Unione Europea una proroga per l’utilizzo dei fondi 2000-2006, la cui scadenza era prevista il 31 dicembre scorso. Una proroga di sei mesi per spendere ancora 2,5 miliardi di euro disponibili e per evitare che qualificate risorse si dissolvano. In futuro, tutto questo non dovrà più accadere perché abbiamo un preciso dovere, non dobbiamo deludere i cittadini dell’Unione, soprattutto in un momento in cui si registrano segnali di sfiducia sul progetto europeo in alcune aree del Vecchio Continente. E, certamente, il corretto impiego dei fondi costituisce un fondamentale banco di prova per questa sfida”.
La legislazione per l’assegnazione dei fondi prevede procedure troppo complesse?
“Sì, ci sono problemi oggettivi, con una legislazione e con procedure alquanto complicate, nella distribuzione dei fondi serve meno burocrazia e più efficienza, specie in un momento di crisi come questa. Questo però non può, in nessun caso, giustificare la scarsa professionalità che spesso si coglie nelle richieste e nella gestione di questi fondi, che devono essere correttamente utilizzati. Sono noti gli appelli della Commissione, nella persona di Siim Kallas, ad adottare criteri di trasparenza e responsabilità, in quanto sono evidenti gli effetti negativi delle frodi, mancata realizzazione degli obiettivi di crescita e sviluppo, perdita finanziaria per lo Stato Membro per il mancato recupero, alimentazione dei flussi dell’economia illegale e influenza negativa del rapporto fiduciario tra cittadini ed istituzioni.
A tal riguardo, mi preme evidenziare che esiste un Organismo, che presiedo in quanto ministro per le Politiche Europee, che si chiama C.o.l.a.f. (Comitato per la lotta contro le frodi comunitarie) con il compito di coordinare gli sforzi per contrastare le frodi e le irregolarità relative al settore fiscale, a quello della politica agricola comune e dei fondi strutturali. Ebbene, nelle statistiche europee, l’Italia non è mai risultata particolarmente virtuosa, con centinaia di irregolarità e centinaia di milioni di euro da recuperare. Con la Guardia di Finanza, organo di polizia economico-finanziaria del nostro Paese, con un Nucleo che opera all’interno del mio Dipartimento, e con tutti gli attori istituzionali abbiamo accettato la sfida e avviato una serie di azioni.
“In tal senso, credo che sia opportuno sviluppare un’operazione culturale, a livello regionale, per favorire il dialogo tra le diverse amministrazioni interessate alla gestione delle risorse comunitarie, stimolare l’azione di recupero dei fondi irregolari ed evidenziare la nuova filosofia di impiego dei fondi.
“Sono fortemente convinto che serva anche, come peraltro imposto da recenti norme comunitarie, una grande operazione di trasparenza sull’utilizzo dei fondi. Ma, al contempo, appare indifferibile fornire appoggio e sostegno tanto a chi li gestisce quanto agli operatori economici.
“Troppo spesso, infatti, il meccanismo si inceppa per paura di incorrere in sanzioni o di sbagliare qualcosa”.
Quali risposte a questa situazione?
“La risposta, di fronte a questo scenario, può essere una sola, distribuire informazione e fiducia, con il più fattivo spirito di servizio da parte di tutte le amministrazioni interessate. Bisogna rilanciare la programmazione a lungo termine degli interventi, quella programmazione che è spesso stata sostituita da interventi settoriali e congiunturali. Bisogna rafforzare le cosiddette “cabine di regia”. Infine, è necessario che le Regioni e tutti gli enti preposti si muovano con efficienza e creatività, proponendo progetti innovativi e credibili.
“Questo perché l’Italia non può più permettersi che questa preziosa opportunità venga dispersa nel vento delle parole”.
Come si articola la procedura di infrazione?
“La Commissione europea vigila sull’adempimento, da parte degli Stati membri, degli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE. La procedura d’infrazione costituisce uno strumento indispensabile per garantire il rispetto e l’effettività del diritto comunitario. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire su denuncia di privati, sulla base di un’interrogazione parlamentare o di propria iniziativa”.
Qual è il numero di infrazioni a carico dell’Italia?
“Le procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia sono 163 (aggiornamento 19 marzo 2009): 137 riguardano casi di violazione del diritto comunitario (Vdc) e 26 attengono a mancata trasposizione di direttive nell’ordinamento italiano. Il settore più colpito è l’ambiente con 45 procedure, seguono fiscalità e dogane (27), salute (15). La Commissione europea apre una procedura di infrazione quando uno Stato membro manca uno degli obblighi imposti dal diritto comunitario. L’infrazione può consistere nella mancata trasposizione di una norma comunitaria oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionale che risulta con essa incompatibile. Lo stato delle procedure di infrazione e, più in generale, del contenzioso riguardante l’Italia, risulta da alcuni anni particolarmente gravoso. è stata costituita presso il Dipartimento per le Politiche Comunitarie nel luglio 2006 una apposita Struttura di missione con il compito di prevenire l’insorgere del contenzioso comunitario e rafforzare il coordinamento delle attività volte alla risoluzione delle procedure d’infrazione. La lotta alle infrazioni ha prodotto una radicale diminuzione delle procedure aperte: erano 275 nel luglio 2006”