Commissione regionale rischi ambientali a Gela. “Capire se l’Eni gioca con la salute dei siciliani”

GELA (CL) – La commissione regionale rischio ambientale ed industria vuole vederci chiaro sugli adempimenti del Petrolchimico a Gela e sull’osservanza dei dettami della legge 626 in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro. Per questo è cominciato proprio da Gela il giro dell’organo dell’assemblea regionale siciliana che ha scelto la città più discussa della Sicilia come sito della prima trasferta ufficiale della commissione che sta conducendo un’indagine sullo stato di salute ambientale e strategico-occupazionale dell’isola che prevede anche le tappe fondamentali  dei poli industriali di Priolo e Milazzo.
Il vertice della commissione è stato in visita a Gela con il presidente, Pippo Gianni (Udc), già assessore all’Industria e il vice presidente, Miguel Donegani (Pd) di origine gelese. Una lunga visita quella di venerdì scorso che ha toccato tutti i punti fondamentali della gestione amministrativa ed economica della città. I due parlamentari hanno incontrato il commissario straordinario del comune Rosolino Greco e poi i dirigenti ed i lavoratori dell’area di sviluppo industriale con i quali si sono  intrattenuti a discutere della situazione dei 28 lavoratori precari che da 10 anni rivendicano la stabilizzazione. Poi la tappa più importante: quella con i vertici della Raffineria di Gela.
 
“Vogliamo capire – ha detto l’on Gianni – da quanti anni esiste il Petrolchimico; quali interventi sono stati fatti per la tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori. Vogliamo capire se per investimenti si intende mettere alle tubazioni bucate le cosiddette “cravatte” – questo è il termine tecnico per indicare veri e propri rattoppi che rappresentano solo un modo per eliminare il guasto contingente – ma non il problema reale che potrebbe incidere sulla salute dei gelesi. Vogliamo capire anche che tempi si prevedono per la realizzazione degli interventi da anni annunciati ma mai concretizzati”.La commissione ha fatto riferimento ai 500 milioni di euro non spesi ancora nonostante l’accordo con i sindacati porta la data del 17 gennaio 2008. Vogliamo capire  – ha detto Gianni –  se l’Eni deve continuare a giocare con la salute dei siciliani con le sue produzioni milionarie, poi però  quando assegna gli appalti si rivolge a  imprese non siciliane: questo non si può accettare".
 
L’amministratore delegato dalla Raffineria Battista Grosso ha assicurato la disponibilità alla collaborazione in vista degli investimenti; ha, inoltre, annunciato che l’azienda intende promuovere corsi di formazione professionale per l’indotto finalizzati a fornire gli strumenti per una professionalità più specializzata per promuovere la sicurezza sul lavoro e maggiori possibilità occupazionali anche oltre i confini del sito di Gela. “Con i rappresentanti del petrolchimico – ha detto Donegani –  abbiamo discusso  della situazione congiunturale, con particolare attenzione sui temi del rischio ambientale, delle bonifiche e iter  procedurali, della sicurezza sul lavoro, dei fondi comunitari e delle problematiche occupazionali, avendo sempre come  riferimento il quadro legislativo attuale, specie laddovepresenti imperfezioni da sanare. Chiediamo alla politica di far sistema con le aziende locali  e ai metodi di assegnazione degli appalti alle imprese dell’indotto”.
“Sono passati 22 mesi dalla sottoscrizione dell’accordo e la piattaforma pensata per il settore industriale gelese non è stata rinnovata. Dove sono i 500 milioni di promessi dall’Eni per il rinnovo degli impianti?” Si sono chiesti i segretari di Filcem Cgil Alessandro Piva, Uilcem Uil Silvio Ruggeri e Femca Cisl Emanuele Gallo, riunitisi contestualmente alla visita della Commissione rischio ambientale e industria, nella saletta sindacale della Raffineria. Il consiglio delle Rsu ha tracciato un quadro preoccupante per i ritardi che si sono creati nella realizzazione degli accordi firmati il 17 gennaio 2008. Il palleggio di competenze sui decreti autorizzativi che non permetterebbero all’Eni di dare il via agli investimenti non è stato ancora chiarito, mentre qualche mese fa una delegazione russa ha visitato l’industria facendo temere il rischio di una cessione.
 
“Bisogna stringere i tempi – hanno scritto i sindacati in un documento – per gli investimenti che devono interessare, in primo luogo la caldaia 500. Deve essere riorganizzato il sistema della sicurezza del Petrolchimico e dell’indotto e questo deve essere l’impegno delle istituzioni locali e regionali. Ai gelesi  ed ai lavoratori servono certezze”.