Benito Benedini: “L’educazione alla lettura contro la crisi della carta”

Cavalier Benedini, partiamo da un tema attuale: il calo delle copie cartacee dei quotidiani. Secondo lei la riduzione da 6 a 3,7 milioni di copie – questo l’ultimo dato ufficiale –, dunque quasi un dimezzamento, ha toccato il fondo oppure no?
“Purtroppo la riduzione di copie cartacee, a mio parere, non ha ancora toccato il fondo, anche se ovviamente per affermarlo con certezza bisognerebbe avere la palla di cristallo: l’andamento del mercato dipende da molti fattori, non ultimo la raccolta pubblicitaria”.
Certamente. Ma prescindendo dalla pubblicità e dagli altri fattori che determinano il bilancio di un quotidiano, secondo lei il calo di copie vendute, dunque la persona che va in edicola ad acquistare la copia di giornale, ha toccato il fondo?
“Temo di no. E non si tratta, a mio parere, di un problema congiunturale ma strutturale. La ragione è racchiusa in una sola parola: tecnologia. Oggi vediamo “lettori” 40-45enni con in mano I-Pad o tablet vari che si soffermano, forse in maniera un po’ superficiale, solo sul titolo che loro interessa e non leggono altro. Lo stesso fanno i loro figli. Mentre le persone della mia generazione e di quella precedente la mia sono abituate a “toccare” la carta, a “sentirla” e, quindi, ad approfondire la lettura del quotidiano”.
Un fenomeno, però, che prima ancora dei quotidiani ha interessato il settore dei libri, dove c’è stato il momento del boom degli e-book, che hanno avuto una crescita rapida, per poi arrestarsi. Anzi oggi addirittura sembra che sia in atto un’inversione di tendenza, con il libro “elettronico” in fase di retrocessione rispetto a quello di carta. Un po’, per fare un parallelo storico, come negli anni Cinquanta quando nacque la televisione e si disse: da questo momento la radio non esisterà più.
“Questo è vero. E, anzi, oggi la radio non solo ‘tiene’ ma addirittura supera la televisione. Pensiamo al Gruppo del Sole 24 Ore, che ha avuto per un certo periodo la radio e la televisione: oggi Radio 24 continua a trasmettere e, anzi, con ottimi e soddisfacenti risultati. Però lei mi ha posto una domanda specifica, cioè se rispetto alle copie cartacee dei quotidiani si sia toccato il fondo. E per la ragione sopra esposta la mia sensazione è che ancora non si sia arrivati in basso. Attenzione, non sto affatto dicendo che il cartaceo sparirà. Continuerà a scendere, sì. Ma non sparirà. Così come non sto demonizzando la tecnologia: sono, piuttosto, a favore (soprattutto nei confronti dei bambini, che già a 4-5 anni ‘smanettano’ sull’I-Pad con troppa disinvoltura) di una sua regolamentazione da parte dei genitori. Un po’ come accadeva quando erano piccoli i miei figli: prima si facevano i compiti assegnati dalla maestra a scuola, poi si scendeva in cortile a giocare con gli amici o si guardavano i cartoni animati alla tv. Allo stesso modo i genitori di oggi possono concedere al bambino di tenere in mano l’I-Pad per giocarci, ma non più di un’ora-un’ora e mezza. Poi devono abituarlo a leggere”.
Però oggi di lettori se ne possono “creare” anche sul digitale.
“Certo. E noi del Sole 24 Ore ne siamo un esempio, con le nostre 185mila copie digitali in un anno contro le 45mila dell’anno scorso e con addirittura il sorpasso delle copie digitali rispetto a quelle cartacee”.
Sì, ma il Sole 24 Ore è un quotidiano di servizio. Per quanto riguarda la stampa generalista, invece, cioè i cosiddetti quotidiani “a carta bianca”?
“Lì il problema è diverso. Il quotidiano generalista, infatti, pubblica il giorno dopo notizie che il lettore ha già sentito la sera prima in televisione o di cui è venuto a conoscenza navigando in rete su Internet. Dunque si considera già informato. Detto questo, però, bisogna precisare che il “fascino” della carta rimane e non verrà mai meno: non dobbiamo dimenticarcelo. Anche se pubblica notizie “vecchie” l’acquisto del quotidiano generalista è un’abitudine. Un lettore milanese del Sole 24 Ore non si pone la domanda se comprare o meno, ad esempio, anche il Corriere della Sera: lo compra e basta”.
 
Lei è stato scelto per far parte del Comitato di Presidenza della Fieg, la Federazione Italiana Editori Giornali. Pensa che la Federazione di cui lei è membro possa fare qualcosa per incentivare gli abbonamenti cartacei, soprattutto nel settore dei quotidiani generalisti?
“Sicuramente è un argomento di cui dobbiamo parlare. Una discussione, però, sicuramente facilitata e agevolata dall’attuale nomina a Presidente della Federazione di Maurizio Costa, una persona che conosco da anni, molto capace e pragmatica; uno che conosce perfettamente il mondo dell’editoria, le sue dinamiche ma anche le sue problematiche, essendo all’interno del settore da parecchio tempo. Quindi io, oltre che esprimere la mia personale soddisfazione, sono molto fiducioso che Maurizio Costa possa fare bene all’interno di Fieg. Anche se va detto che il miglioramento del trend del mercato dell’editoria, soprattutto cartacea, resta nelle mani del lettore e del cambiamento di visione da parte delle nuove generazioni: siamo nell’era della tecnologia e di questo bisogna tenerne conto”.
Lei prima parlava dei bambini: si è persa la sana abitudine di leggere Topolino, con cui tutti noi siamo cresciuti?
“Certo che lo si legge ancora, ma prevalentemente e sempre più sull’I-Pad o sul tablet. Difficilmente si vede in giro un bambino di 7-8 anni con in mano una copia cartacea di Topolino o di qualsiasi altro fumetto. Questo la dice lunga ed è un aspetto sociale e culturale sintomatico su cui tutti noi, del settore e no, dovremmo interrogarci”.
 

 
Approfondimenti e inchieste valore aggiunto dei giornali
 
I quotidiani generalisti come possono fare fronte all’emorragia di lettori?
“Faccio una dovuta premessa: il calo di copie cartacee sicuramente c’è. Ma ci sono realtà territoriali, come la Sicilia, che costituiscono un mondo a se stante. La lettura dei dati del vostro Quotidiano di Sicilia, anche se non si tratta di un “generalista”, ne è un chiaro esempio. Detto questo, a mio avviso, sono due le strade che il quotidiano “a carta bianca”, sia esso nazionale o locale, deve intraprendere per far sì che il lettore sia invogliato ad acquistarlo perché sa di poter leggere qualcosa di diverso. Innanzitutto tornare a fare inchieste: troppo spesso, sfogliando i quotidiani, magari per settanta pagine non trovi un’inchiesta o un’indagine o, comunque, anche solo un’aggiunta alle notizie sentite la sera prima in televisione o lette su Internet. Mentre al concetto di quotidiano cartaceo andrebbe associato quello di “approfondimento”. L’altra direttrice fondamentale è quella della cultura. L’italiano è interessato alla cultura. A dimostrarlo il Domenicale del Sole 24 Ore, un inserto che tutti, indistintamente, ci magnificano”.
Talmente importante che, con lungimiranza, avete deciso fin da subito di dedicare alla sua fattura un’intera redazione ad hoc.
“Esattamente. Credo che per attrarre le persone ed invogliarle a leggere il quotidiano cartaceo occorre che chi lo produce si adegui al cambiamento, che non significa necessariamente tecnologia ma saper trovare nuove forme per riscuotere interesse presso il pubblico. È necessaria, insomma, maggiore professionalità per cui se si pubblica, ad esempio, anche una notizia di agenzia, la notizia va verificata e non presa per buona, perché potrebbe essere non corretta o poco precisa. E comunque va approfondita, altrimenti più il quotidiano diventa “generalista”, più le notizie vengono somministrate prima attraverso altri media”.
 

 
Migliori servizi di consegna per rilanciare abbonamenti

Uno dei problemi dell’editoria oggi è quello della distribuzione. A suo avviso tentare di fidelizzare il lettore attraverso gli abbonamenti può essere una soluzione?
“L’abbonato è una risorsa importante per un quotidiano, anche perché ne riduce le rese. Bisogna, però, considerare un altro fattore, legato alla vendita in edicola. Oggi le edicole, soprattutto nelle grandi città, sono in forte calo. Ce ne sono sempre meno, molte sono in vendita e difficilmente trovano acquirenti. C’è poi un ulteriore aspetto legato alla pigrizia del lettore ad uscire di casa per andare ad acquistare il proprio quotidiano, sia esso generalista o di servizio”.
Ma a questa lacuna non si potrebbe ovviare con un’efficiente consegna a domicilio? Un servizio che oggi lascia molto a desiderare.
“Indubbiamente il fatto che il lettore-abbonato trovi il proprio quotidiano nella casella della posta a volte anche il giorno dopo, non è positivo. A questo aggiungiamo la mancata consegna il sabato e, soprattutto, la domenica, giorno per tradizione maggiormente dedicato alla lettura, perché una persona ha più tempo a disposizione”.
Sotto questo punto di vista c’è stato, finora, il monopolio di Poste Italiane. Un monopolio – come peraltro lo sono tutti i monopoli – non “sano” per il mercato.
“Sono convinto che se c’è un miglior servizio, la persona è maggiormente indotta all’acquisto del prodotto. Un concetto che vale, tanto per fare un esempio, anche per le derrate alimentari: un campo in cui uno come Bernardo Caprotti l’ha ben capito ancora anni fa, quando inventò i supermercati. Tornando all’editoria, effettivamente un buon servizio di consegna, senza ritardi e senza saltare giorni, può migliorare gli abbonamenti e l’“utilizzo” della carta stampata”.