Quali argomenti trattate nella vostra commissione? Quanti ne fanno parte?
“La Commissione prevede quindici membri, ma non si raggiunge quasi mai questo numero. Le nostre competenze riguardano tutti i servizi essenziali quali l’acqua, i rifiuti e l’energia, per cui la mole di lavoro è enorme. Rispetto ai colleghi che lavorano nelle corrispettive commissioni di Camera e Senato, il ritmo è più tranquillo, per cui si può creare un clima di collaborazione proficuo per tutti. Infatti, la commissione sta lavorando su alcune delle riforme grazie alla collaborazione degli altri deputati, poiché queste non hanno colore politico e vi è l’interesse a fare qualcosa di buono”.
Che cosa può dirci sulla questione dell’acqua?
“Sulla gestione integrata del servizio idrico sono emerse alcune notevoli difficoltà, perché il sistema è fallito e la legge era ferma da due anni. Dopo il mio insediamento, si è cercato di dare esecuzione al referendum sull’acqua del 2011 sul servizio idrico che può essere gestito da privati, fermo restando che l’acqua resta un bene pubblico. Il M5S ha tradotto questi principi di servizio pubblico, garantito a livello europeo, nella legge, introducendo anche che la gestione dell’acqua non può più avvenire per singoli comuni ma per bacino idrico. Questa logica è entrata in conflitto con quella politica, dove i sindaci che hanno all’interno un bacino idrico, volevano gestire loro l’acqua, creando conflitti con altri comuni. Così, è stato ripreso quanto espresso su quest’argomento nel ‘D.lg. 133 Sblocca Italia’, perciò è stato ritirato il disegno di legge che giaceva nella commissione Bilancio. Poi, si sta preparando un emendamento in collaborazione con l’assessorato dell’Ambiente e Territorio che dovrebbe essere pronto entro due settimane”.
Oltre alla questione dell’acqua, di cosa vi state occupando in questo periodo?
“La commissione ha chiuso con gli emendamenti al disegno di legge sui centri storici, per cui si semplificano le procedure di certificazione, così da ridurre l’impatto dei piani particolareggiati nelle zone “A” e delle sovrintendenze che rallentano di molto le ristrutturazioni. Accanto a questo, a breve s’incardinerà il disegno di legge sull’edilizia e il disegno di legge sul governo del territorio. Si tratta di una legge molto complessa, dove ci sono due disegni di legge, uno del M5S e uno del Pd, per cui la commissione ha chiesto al Governo regionale di realizzare una sintesi. Infine, si sta preparando la legge sui Parchi e sulle riserve, preparata in collaborazione con l’Assessorato dell’Ambiente e Territorio e con le associazioni ambientaliste. Questa collaborazione ha portato ad una sintesi efficace di altri tre disegni di legge, rispettivamente del M5S, del Pd e di Grande Sud. Il problema è che i disegni di legge esitati dalla nostra commissione come altri casi di altre commissioni, si fermano alla commissione Bilancio. Ben sette disegni di legge, esitati dalla nostra commissione, sono fermi in quella Bilancio, poiché tutti i disegni di legge che prevedano una copertura economica, vanno presentati in questa commissione. Tuttavia, la legge finanziaria blocca tutto e molti disegni non sono trattati”.
Qual è la situazione del Muos di Niscemi?
“Il Tar ha nominato nuovamente come consulente il professore Marcello D’Amore, che ha riconfermato nella nuova deduzione quanto espresso nella prima relazione. In quest’ultima, si afferma che le prove prodotte per dimostrare l’innocuità del Muos per la salute umana e per la navigazione dei mezzi aerei, sono insufficienti. Il 25 novembre il Tar esprimerà un giudizio e se quest’ultimo sarà negativo, si riaprirà la partita del Muos. Se il Tar dovesse decidere che l’autorizzazione non è valida, deve essere il presidente della Regione, Crocetta a concederla e non è detto che lo faccia. La seconda novità è che i nostri deputati a Bruxelles hanno interessato la Commissione europea della questione per motivi ambientali poiché il territorio di Niscemi è molto inquinato a causa della presenza d’idrocarburi nelle falde acquifere, le esalazioni di Gela e le antenne radio-televisive”.
Che cosa state facendo sui parchi locali?
“Di recente, la nostra Commissione ha esitato un disegno di legge sui parchi locali. Questa legge permette di riqualificare le aree urbane e periurbane, facendo divenire i comuni enti gestori e aprendogli la possibilità di accedere ai fondi europei dedicati, così che i comuni assumano responsabilità. Ad esempio, l’ex Assessore Barbera del Comune di Palermo e le associazioni ambientaliste hanno appoggiato questo disegno per recuperare l’area del fiume Oreto. Questo disegno, ora, è fermo in commissione Bilancio, perché il Governo regionale deve rispondere, se esiste la copertura finanziaria per il co-finanziamento o meno”.
Per quanto riguarda i parchi naturali e le riserve protette, il nuovo disegno di legge cosa prevede?
“Il disegno di legge su cui si sta lavorando, è il frutto della fusione, operata dall’assessorato Ambiente e Territorio, di tre bozze legislative presentate da tre partiti diversi. La base è quella della legge regionale 98 del 1981 che, però, non è stata aggiornata. Perciò, quello che il nuovo disegno di legge si propone, è di mettere a sistema la rete 2000, che comprende le aree protette e le Sic che sono pure slegate tra loro, impedendo così una mappatura precisa delle stesse aree protette. Perciò, il disegno di legge non fa che mettere a sistema questo mondo, creando una rete omogenea di parchi e sistema alcuni aspetti finanziari, specificando i capitoli e indicando gli stanziamenti. Inoltre, nella bozza sono ripresi i 19 centri di recupero per la fauna selvatica, i cui 350 mila euro di finanziamenti non sono stati più rinnovati”.
Sul piano energetico come si sta muovendo la Sicilia in rapporto con la situazione in Italia?
“Occorre capire quale strada vuole seguire il Governo Renzi, perché, se si parla di un piano energetico risalente agli anni 50, è chiaro che ciò va in contrasto con la normativa europea vigente ed è incurante dell’impatto ambientale. L’articolo 38 del decreto legge 133 ‘Sblocca-Italia’, ad esempio, non prevede più la valutazione dell’impatto ambientale. In Sicilia, l’ultimo Piano energetico ambientale indicava il 95% di 25 mila Gw a fonte idrocarburi, mentre il 5% era dedicato all’energia eolica e solare. Il piano è scaduto e il Governo Crocetta doveva rinnovarlo secondo i nuovi parametri europei, ma non si sa nulla sul nuovo piano e su quanta energia rinnovabile possiamo produrre”.
Che cosa si sta facendo sui depuratori?
“A livello generale, per i depuratori sono stanziati finanziamenti notevoli, tant’è che in una ricerca condotta da un nostro collaboratore, è venuto fuori che alcune delle linee d’intervento, pari al 12% dei finanziamenti, erano dedicate ai depuratori, ma non sono state utilizzate. Perciò, l’Ue ha diminuito i finanziamenti per queste linee d’intervento nella nuova programmazione, poiché hanno ritenuto che non servissero. A livello locale, pur essendo a disposizione un miliardo di euro, la situazione è incerta perché vi è l’assenza di una divisione chiara delle competenze. Inoltre, le province che erano coinvolte nella gestione dei servizi essenziali tra cui i depuratori, sono state formalmente abolite”.
Le dighe sono in uno stato precario, che cosa state facendo in Commissione?
“La nostra Commissione ha chiesto all’assessorato dell’Energia di fare una ricognizione delle dighe in Sicilia, così da conoscere quali di queste possono servire per la costituzione dei bacini idro-geografici, ma non sono ancora disponibili i risultati”.