Questo meccanismo legislativo è una presa in giro per i cittadini, perché stacca gli effetti dalle intenzioni, e nuoce al Governo, perché non riesce a realizzare in tempi brevi gli effetti delle norme approvate dal Parlamento.
In nessun altro Paese del mondo, e meno che mai in quelli anglosassoni (Usa, Uk, Australia, Canada, Sud Africa e altri) esiste questo perverso meccanismo.
E veniamo all’analisi delle più importanti norme contenute nella legge in esame. L’art. 1 bis viene incontro agli editori di giornali, perché stanzia, dal 2014 al 2019, 52,5 milioni per pagare la pensione di vecchiaia anticipata dei giornalisti.
Queste risorse aiutano i conti economici dei quotidiani (e in misura minore dei periodici), anche di quelli che producono utili. è, quindi, del tutto ingiustificata la lamentela di alcuni grandi editori, che puntano il dito sulla Legge 250/90, ormai ridotta al lumicino, che finanzia importanti quotidiani di proprietà di Enti morali, di Fondazioni e di Cooperative di giornalisti, che costituiscono voci fuori dal coro e portano un’aria fresca e genuina del territorio ai cittadini.
È potenziato l’obbligo del Dlgs 33/2013, secondo cui le Pa debbono rendere trasparenti le proprie azioni e consentire ai cittadini di accedere a tutte le informazioni relative. Tale obbligo è esteso alle società partecipate di qualunque livello.
Dall’11 febbraio 2015 le Pubbliche amministrazioni, e per esse i dirigenti, che non rispettano quanto prescritto dal Dlgs 82/2005 sono soggette a sanzioni. Che si applicano nel caso di non adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione e dei Programmi triennali di trasparenza e dei Codici di comportamento.
La Legge prevede inoltre un rafforzamento del processo amministrativo digitale per abolire del tutto la carta.
Dalle brevi note che precedono, si evince che se la Pa di qualunque livello adotterà processi virtuosi di semplificazione, produrrà efficienza, riduzione delle spese e miglioramento dei servizi. L’artefice di questa rivoluzione ordinaria deve essere quella parte di buoni dirigenti che, per fortuna, sono ancora nella Pa. Sogni o realtà? Ai posteri l’ardua sentenza.