Svimez, bollettino di guerra sul Mezzogiorno: più morti che nati e crollo di Pil e posti di lavoro

PALERMO – Crollo del Pil, disoccupazione alle stelle, nascite superate abbondantemente dal numero di morti e crescita esponenziale dell’emigrazione. Insomma, scenari da dopoguerra e dire che siamo solo nel 2014. Esattamente questi sono i punti salienti del bollettino relativo all’anno 2013 pubblicato ieri dalla Svimez. In realtà non si tratta altro che di un vero e proprio circolo vizioso. Infatti, a causa della critica situazione economica si tende a ridurre i consumi e a fare meno figli; quando vi è la possibilità si preferisce addirittura abbandonare la propria terra per cercare fortuna al Nord o proprio fuori dall’Italia. Dunque nel Mezzogiorno la popolazione continua ad invecchiare mentre si assiste a questa ininterrotta fuga di cervelli; congiuntura negativa che sicuramente non contribuirà allo sviluppo tecnologico e al progresso del territorio, affossando sempre più l’area.
Partiamo innanzitutto dal Prodotto interno lordo che nel 2013 nel Mezzogiorno è continuato a scendere: -3,5% rispetto al 2012, perdita di poco inferiore in Sicilia con il -2,7%. Ma come se questo non fosse già abbastanza, medesimo scenario negativo è stato prospettato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno anche per il 2014: infatti, mentre il Centro-Nord attraversa un periodo di stallo con una crescita del Pil praticamente inesistente (0%), il Mezzogiorno continua la propria caduta libera (-1,5%). La Svimez addebita proprio a quest’ultima circoscrizione territoriale le colpe maggiori per aver aggravato, con una previsione pari al -0,4% del Prodotto interno lordo nazionale per l’anno corrente, le già critiche stime prospettate dal Def (-0,3%). Se queste stime venissero confermate, crescono le probabilità che anche il Pil meridionale del 2015 si contragga nuovamente (-0,7% prospetta la Svimez).
Proseguendo con il filo logico già tracciato, rileviamo come nel Mezzogiorno il numero degli occupati lo scorso anno abbia raggiunto valori talmente tanto bassi da aver toccato il livello minimo dal 1977, anno a partire dal quale sono disponibili le prime serie storiche. Per la prima volta nella storia il numero di occupati è sceso sotto i sei milioni (appena 5,8 milioni). Ed ancor più preoccupante è constatare che le perdite maggiori in termini di impieghi si riscontrino proprio nel Mezzogiorno, circoscrizione in cui si rileva anche la più bassa quota di occupati: infatti proprio al Sud è presente appena il 26% degli occupati italiani e sempre ancora al Sud l’anno scorso si è riscontrato il 60% della perdita degli impieghi, mentre il restante 40% nel Centro-Nord. Per non parlar poi di quella sconosciuta parità di genere che nel Mezzogiorno vede al lavoro appena una donna su cinque.
Concludendo il nostro sintetico percorso di presentazione non potremmo che giungere alla più naturale conseguenza consistente nella drastica riduzione del numero dei nati. Come anticipato, i decessi hanno superato le nascite. Un fenomeno così grave si era verificato solo nel 1867 e nel 1918 cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d’Indipendenza e la prima Guerra mondiale. Il Mezzogiorno rinomato per le famiglie numerose, lo scorso anno ha assistito appena a 177 mila nascite, il minimo storico dal 1861. Se il Sud continuerà a perseguire tale trend, nei prossimi 50 anni è destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti.