Nella passerella di mercoledì 29 ottobre, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha consegnato 530 beni confiscati allo stesso Stato, cioè a se stesso: una pantomima della quale non comprendiamo il significato. Infatti, non si capisce che senso abbia tale operazione, mentre sarebbe molto più logico che i beni in parola venissero venduti sul mercato, ovvero assegnati a soggetti del terzo settore per attività sociali, o anche utilizzati direttamente dalle pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali al posto di immobili per i quali si spendono centinaia di milioni di affitti, arricchendo i palazzinari, soprattutto quelli romani e palermitani.
La questione più grave di questa vicenda è che, come abbiamo pubblicato nell’inchiesta del 23 ottobre, passano fino a 14 anni dal giorno della confisca a quello dell’assegnazione: una dimostrazione inequivocabile dell’inefficienza della burocrazia, che se ne infischia degli interessi generali.
Molti dei beni confiscati sono imprese agricole, industriali, commerciali, della grande distribuzione e via elencando. Imprese che dovrebbero essere messe all’asta per evitare di disperdere un patrimonio di occupazione e ricchezza.
Certo non possiamo dar torto al direttore dell’Anbc, perché essendo un prefetto, non ha le sufficienti competenze per far funzionare una macchina economica complessa come dovrebbe essere. Fa del suo meglio per gestire in via burocratica l’enorme patrimonio di 13.189 beni che potrebbero generare utili e imposte per cifre rilevanti.
Non si capisce come lo Stato non si accorga di questo tesoro e, soprattutto, non si capisce come il ministro dell’Interno non si preoccupi di farlo diventare effettivamente un tesoro mentre oggi è un insieme di beni all’ammasso e in via di disfacimento: un vero peccato.
Il responsabile del Viminale, sotto cui il terreno frana (l’Ncd è accreditato del 2,7% dei consensi secondo unanimi sondaggi) sta facendo di tutto per autoeliminarsi. Non serve rianimare la sua immagine. Neanche la trasmissione di Fiorello e Baldini che, prendendo in giro Alfano, cercano di rianimarne la moscia immagine, ci riesce. L’Anbc è, dunque, un’organizzazione morta perché non fa quello che dovrebbe ma si occupa solo di fare circolare carte per osservare inutili formalità.