MESSINA – Le Istituzioni non hanno saputo cogliere quel segnale forte che la natura aveva lanciato il 25 ottobre del 2007 nella zona sud di Messina. Studi, riflessioni, pareri si sono susseguiti in questi due anni ma nulla di concreto è stato fatto. Solo delimitazioni del territorio, a cura della Protezione civile, e pochi spiccioli spesi per interventi di difesa del territorio e per il ripristino delle strade provinciali danneggiate.
Gli agricoltori non hanno ricevuto indennizzi per i danni subiti, non è stato predisposto alcun piano di intervento contro il dissesto idrogeologico, né reperite risorse per la messa in sicurezza e la prevenzione di future calamità. Così l’1 ottobre scorso la collina non ha concesso sconti ed è crollata inesorabilmente, portando con sé vite umane, edifici, attività agricole e imprenditoriali, intere comunità. A distanza di una settimana, la Cia di Messina (Confederazione Italiana Agricoltura) ha voluto esprimere solidarietà alle popolazioni coinvolte e in particolare agli agricoltori danneggiati, alcuni dei quali presenti all’incontro. “L’ignavia a Messina l’ha fatta da padrone a tutti i livelli, – ha affermato il presidente provinciale Luigi Savoja – non sfuggono da responsabilità il Comune di Messina, la Provincia regionale, la Protezione Civile, la Regione Siciliana, il ministero dell’Ambiente e quello delle Infrastrutture”.
Di “omicidio colposo” ha parlato l’onorevole Francesco Calanna secondo cui per rendere giustizia alle vittime qualcuno deve pagare. Sulla fragilità – già purtroppo nota – del territorio provinciale, in particolare dell’area dei Peloritani, ha relazionato l’esperto Giuseppe Giaimi, il quale ha evidenziato che questi fenomeni non sono né eccezionali, né imprevedibili; si ripetono ogni 8-10 anni sin dal 1823.
“Il dissesto potenziale di quest’area è tra i più elevati d’Italia – ha spiegato Giaimi – per la presenza di molti fattori negativi concorrenti: versanti ripidi, costituzione geologica fragile, fitto reticolo idraulico, regime violento delle precipitazioni, corsi d’acqua brevi con piccoli bacini di raccolta incombenti sulla costa. Si tratta – ha evidenziato ancora – di fattori non modificabili da parte dell’uomo, se non in maniera impercettibile”. Di contro, l’agricoltura è stata abbandonata e il territorio è stato devastato dai focolai e dalla cementificazione selvaggia, con un piano regolatore fatto per rispondere più a interessi privati che a quello generale. Nelle zone a rischio è mancata soprattutto la copertura vegetale, naturale o indotta, fondamentale per ridurre lo scivolamento a valle delle acque meteoriche.
Il presidente regionale della Cia, Carmelo Guerrieri, ha quindi sottolineato nel suo intervento l’importanza di un ritorno all’agricoltura e ad “una gestione oculata del territorio”, oltre che la necessità di ridiscutere il modello di sviluppo della Sicilia.
Tutti concordi, infine, nell’affermare che il “modello Abruzzo” per la ricostruzione non è attuabile in quest’area.
“Alle famiglie che hanno avuto le case distrutte – ha affermato Savoja – bisogna dare i soldi per acquistare subito nel mercato i tanti appartamenti vuoti. E agli agricoltori bisogna indennizzare i danni, ripristinando un filone specifico, come il Fondo di Solidarietà nazionale, che oggi – ha concluso il presidente provinciale della Confederazione – è senza un euro per scelta di Tremonti e per l’insipienza del ministro dell’Agricoltura Zaia”.
Le associazioni. L’agricoltura “unico presidio per il territorio”
MESSINA – Cia e Confagricoltura, in segno di lutto per le vittime di Messina, hanno rinviato al 19 ottobre le manifestazioni programmate a Palermo nei giorni scorsi. “è un dovuto segno di rispetto per le vittime innocenti dell’alluvione, hanno dichiarato Carmelo Gurrieri e Gerardo Diana, presidenti regionali rispettivamente di Cia e Confagricoltura – ma dopo l’ennesimo evento calamitoso che, oltre a mietere vittime ha sfregiato il territorio e messo in serie difficoltà alcune comunità agricole e rurali, è ancora di più necessario fare sentire la voce degli agricoltori che subiscono la furia degli elementi e una delle più gravi crisi degli ultimi vent’anni, senza che lo Stato e la Regione prendano serie iniziative per fronteggiarla. L’agricoltura è l’unica attività produttiva capace di presidiare il territorio, tutelandolo e conservandolo. La disattenzione nei confronti delle difficoltà economiche degli agricoltori – hanno concluso – può portare all’abbandono a cui quasi sempre corrispondono disastri naturali”.