Intendiamoci, parlare di tutti i pensionati come di una categoria è un grosso errore. Stacchiamo da essi tutti quelli che ricevono un assegno di 500 € che rientra nella sfera di doverosa assistenza per tirare fuori dalla povertà nera decine di migliaia di cittadini. L’assistenza previdenziale nel suo complesso costa 80 miliardi di euro l’anno e riteniamo che siano somme ben spese come manifestazione sociale di solidarietà.
Poi vi sono i pensionati che ricevono il loro assegno calcolato sulla base dei contributi versati da loro stessi e dai datori di lavoro: anche per questi l’adeguamento al costo della vita sarebbe opportuno.
Infine, vi è la categoria dei pensionati privilegiati, soprattutto quelli pubblici, i quali ricevono un assegno sproporzionato fortemente rispetto ai contributi versati, perché calcolato col retributivo. Tutta la differenza che toccherebbe loro fra quella parte della pensione contributiva e l’altra non dovuta è a carico della fiscalità generale, cioè di tutti i contribuenti. Tale differenza è ancora più elevata nelle fasce alte dei pensionati.
Dunque, parlare di questa categoria come di un tutt’uno è un errore, mentre sarebbe opportuno che si separasse il grano dal loglio. Però, il sindacato non fa questa separazione e quindi inquina la sua azione perché consente alla gramigna di aggredire il frumento.
Matteo Renzi deve dividere la sua azione fra le riforme economiche, che spingano l’aumento dell’occupazione e del Pil, la ripresa di un clima di fiducia, che faccia tirare fuori i soldi da sotto il pavimento a molti italiani impauriti e faccia vedere in prospettiva breve la possibilità di incrementare il business.
Deve agire su fisco, giustizia, burocrazia e regole del lavoro, quattro settori delicati in cui sono manifestamente forti le resistenze al cambiamento perché le corporazioni non intendono rinunciare ai propri privilegi, neanche in uno stato di difficoltà dell’intero Paese.
Ecco perché è necessario spingere il Governo nazionale e le Giunte regionali a muoversi all’unisono mettendo in cima alla graduatoria delle azioni l’interesse generale.
La questione è semplice: o le corporazioni continuano a fare il loro interesse a danno dei cittadini o il governo dei cittadini taglia le unghie alle corporazioni per fare l’interesse generale.
Non ci sono più possibili ambiguità. Chi cercasse di fare il furbo in queste condizioni dovrebbe essere additato dall’opinione pubblica come eversore ed emarginato senza tentennamenti. Non c’è più spazio per furbi, approfittatori e parassiti.