Piuttosto si pone il problema di tagliare altri privilegi dei massimi livelli istituzionali, come quelli di tutti gli ex, i quali continuano a usare aerei e treni della Repubblica, in qualche caso hanno auto di servizio anche sotto forma di scorta, personale dipendente, uffici, spese di elettricità e telefoniche, buvette, barbieri, parrucchieri e manicure. Il lungo elenco non si ferma qui.
Non si capisce perché debbano essere pagate indennità per il collaboratore del parlamentare (chiamato portaborse) senza che questi sia stato incardinato nel sistema amministrativo della Camera di appartenenza. O perché non vi sia il divieto che il collaboratore sia un parente del parlamentare.
Quando i cittadini leggono sui quotidiani e vedono nelle televisioni e nei libri inchieste sui privilegi dei parlamentari e in genere dei vertici istituzionali, politici e burocratici, non possono sopportare i duri sacrifici sotto forma di intollerabili imposte di ogni genere e soprattutto di totale insufficienza dei servizi pubblici per pagare i quali sono riscosse le imposte.
Per andare in questa direzione è necessario un forte atto di resipiscenza da parte del ceto politico, perché è da esso che deve partire l’impulso di ripristinare all’interno di ogni branca amministrativa, in ogni ente, un processo virtuoso secondo il quale si può spendere solo ciò che occorre e neanche un euro di più.
Che cosa occorre? La risposta è semplice. Occorrono i costi per personale e gestione indicati inderogabilmente nel Piano industriale di ogni ente, di cui il bilancio preventivo è lo strumento tecnico di realizzazione. Senza il Piano industriale (o Pops, Piano organizzativo per la produzione dei servizi) e una pianta organica subordinata a esso – nella quale siano indicate tassativamente le figure professionali occorrenti alla realizzazione del Piano – non si può determinare il fabbisogno finanziario.
Se ognuno dei 390 Comuni della Sicilia e la stessa Regione redigessero e adottassero il proprio Piano industriale, si verificherebbero enormi risparmi conseguenti al riequilibrio del loro conto finanziario.
Da questa responsabilità né sindaci né Presidente della Regione possono esimersi, sapendo che il consenso prossimo venturo è subordinato alla loro capacità di invertire a U l’attuale pernicioso percorso vizioso per imboccare quello virtuoso dell’efficienza e della produttività della spesa.