Imprenditori stranieri in aumento. Palermo e Messina sono “terre di conquista”

PALERMO – Se è vero quanto emerso nel convegno “Il giorno dopo gli sbarchi” organizzato tra Catania e Lampedusa dalla Fondazione Integra di Lega Coop che “l’Europa senza immigrati, non potrebbe mantenere l’attuale stile di vita, compresa spesa sanitaria e pensioni o gestire comparti importantissimi, come l’agricoltura o l’assistenza agli anziani” allora è facile trovare una spiegazione al fatto che nonostante la crisi, le imprese guidate da immigrati in Sicilia vanno avanti e non lamentano segni di crisi.
Come risulta dalla rilevazione trimestrale condotta per conto di UnionCamere InfoCamere, la società consortile di informatica delle Camere di Commercio, in Sicilia da aprile a giugno le imprese condotte da immigrati sono aumentate dello 0,19% rispetto al trimestre precedente.
In Sicilia sono oltre 13.400 i piccoli imprenditori non Ue titolari di aziende individuali che al 30 giugno scorso risultavano iscritti ai registri delle Camere di commercio dell’Isola, pari al 4,29% del totale delle imprese di questo tipo (312.895).
 “Nell’ultimo trimestre – dice il segretario generale di Unioncamere Sicilia, Alessandro Alfano, snocciolando qualche dato, – la presenza di imprenditori non Ue nell’Isola è cresciuta leggermente di più della media nazionale: +0,19% contro lo 0,08% registrato in Italia”.
A livello territoriale, in Sicilia la provincia più rappresentativa di imprese di immigrati è Palermo: 3.460 imprenditori non Ue su 60.885, pari al 5,68% del totale. Segue Messina con una presenza del 5,26% (2.058 aziende con titolare extracomunitario su 39.139) e Ragusa con 4,86% (1.104 su 22.735). Per numero di imprese, invece, dopo Palermo si classifica Catania: 2.477 aziende non Ue con un peso sul totale pari al 3,67% (in tutto 67.443 imprese individuali attive).
Secondo la rilevazione di Unioncamere nazionale, le attività più gettonate dagli imprenditori immigrati sono senza dubbio quelle del commercio, seguite dalle costruzioni e dal manifatturiero.
I principali paesi di provenienza sono Marocco, Cina, Albania, Senagal, Tunisia ed Egitto. Il fenomeno va studiato ed ecco che il motivo per il quale la Fondazione Integra sta lavorando a diversi progetti europei da cui dovrebbero nascere modelli per l’integrazione anche di respiro più ampio. Certo l’Europa è in grande ritardo perché il problema dei migranti riguarda tutti i 27 paesi dell’Ue. A scendere in campo sono ora le Coop e proprio qualche giorno fa una delegazione di docenti universitari è giunta a Catania da Tokyo per incontrare i vertici della Fondazione. L’intento è quello di studiare l’organizzazione del welfare ispirata all’esperienza siciliana delle coop per  importarlo in Giappone.
Tutto questo è un “segno che-commenta il presidente di Unioncamere Sicilia, Giuseppe Pace- gli imprenditori extracomunitari riescono a mantenere una certa dinamicità nonostante le difficoltà economiche del momento. Ciò dimostra che anche gli immigrati, che in maniera onesta approdano nella nostra terra per crearsi una vita, possono contribuire allo sviluppo dell’Isola. Una risorsa che va supportata e valorizzata”.
 

 
Integrazione. Cooperazione multilaterale e transfrontaliera
 
PALERMO – Sono molteplici i progetti a favore dell’integrazione e della cooperazione. Basti pensare al nuovo Distretto socio-sanitario 46, cui fanno riferimento i comuni di Noto (capofila), Avola, Pachino, Portopalo e Rosolini che hanno promosso e si apprestano a realizzare un progetto grazie al cofinanziamento dell’Unione Europea e all’impegno della Cooperativa Iris e della società Pass Work.
I destinatari del progetto sono sessanta immigrati residenti nei cinque comuni del Distretto. è prevista la realizzazione di un percorso di orientamento al lavoro e sociale di 100 ore per la costituzione di un osservatorio distrettuale sul fenomeno migratorio.
Anche l’Unione Europea ha pubblicato un invito a presentare proposte per progetti di ricerca nell’ambito del programma di cooperazione multilaterale e transfrontaliera “Enpr Cdc Mediterranean Sea Basin”, che prevede per l’anno 2009 una dotazione finanziaria pari a quasi 33 milioni di euro. Il programma si pone come obiettivo lo sviluppo e il rafforzamento dell’Area del Bacino del Mediterraneo attraverso la promozione di meccanismi di cooperazione. Al programma ha già aderito l’Ateneo catanese che invita i propri ricercatori a partecipare.