PALERMO – Sempre più disoccupati in Sicilia. Questo è il dato allarmante che emerge dall’analisi congiunturale dell’economia siciliana elaborata dall’Ufficio statistica della Regione in merito all’anno appena concluso. Il tasso di disoccupazione nel 2014 infatti, si attesta al 22,3%, ben 3,7 punti in più rispetto al 2013.
In merito ai posti di lavoro si segnala il -2,3%, ma ciononostante la flessione è di portata minore rispetto all’anno precedente, quando il calo registrato fu del 5,3%, con un totale di 73 mila posti di lavoro andati in fumo.
Dallo studio emerge comunque qualche timido segnale di reazione da parte del fronte lavorativo. Rispetto al primo trimestre del 2014, quando la disoccupazione aveva toccato il 23,2%, il tasso si è lievemente ridotto al 22,5% nel secondo trimestre, fino a raggiungere il 21,2% del terzo trimestre.
L’Ufficio statistico della Regione, dichiara in merito: “Si tratta della maggior quota di persone in cerca di occupazione fra le regioni italiane. Questa è una condizione alimentata sia dalla perdita di posti di lavoro da parte degli occupati, sia del crescente numero di inattivi che si rimettono in gioco per contrastare il calo dei redditi familiari”. A tale dato negativo va poi associato anche quello del Pil siciliano; anch’esso in picchiata nel 2014. Il Prodotto interno lordo registra un calo del 2,4%, ponendo il risultato dell’Isola al di sotto della media del Mezzogiorno, pari al 2,3% e di quella nazionale pari al -1,3%.
Dall’analisi congiunturale dell’economia siciliana, elaborata dall’Ufficio statistica della Regione basata su dati Istat e stime Prometeia, emerge dunque un quadro avvilente.
Praticamente in tutti i settori crolla il valore aggiunto, con un picco negativo per il comparto industriale, che annovera un calo del -4,8%.
Ciò che ha portato alla contrazione del sistema produttivo pare siano stati la riduzione dei consumi delle famiglie che registrano a livello regionale un calo medio annuo del 2,0%, indotto dalla contrazione dell’occupazione, pari al -1,9% annuo, stando ai dati ricavati nel lasso di tempo tra gli anni 2008-2013.
Altra causa è riconducibile agli investimenti. Questi subiscono nel periodo considerato una contrazione media del 6,8%.
Dal lato dell’offerta, mettendo a fuoco gli anni della crisi, collocabili tra il 2008 e il 2014, si può poi ricavare, includendo le stime Prometeia per il 2013-2014, una variazione media annua per l’agricoltura di -1,5% e una di -1,6% per i servizi.
Un’altra causa della precipitazione del Pil è la riduzione del reddito disponibile, pari al -1,9% l’anno in termini reali, oltre che alla contrazione del credito specificamente erogato. Quest’ultimo aggregato, nel 2013, ha registrato una considerevole picchiata pari al -5,9%, dopo quella dell’anno precedente pari al -2,6%.
Ma i valori ben più gravi sono però ancora quelli dell’industria, con un -5,5% e delle costruzioni col -8,1% che manifestano una perdita strutturale, difficilmente recuperabile, sia di capitale fisso che di risorse di lavoro.
Le stime per il 2014 sembrano comunque indicare un’attenuazione delle tendenze recessive almeno nell’agricoltura e nei servizi che, per quest’ultimo settore, sono probabilmente da ricondurre alla possibile ripresa del turismo.