Monopolio della Regione sulla formazione

PALERMO – La formazione professionale se la tiene stretta stretta la Regione Siciliana. Evidentemente l’enormità della macchina organizzativa, che di soli fondi, per il Piano regionale dell’offerta formativa genera ogni anno qualcosa come 250 milioni di euro, fa comodo che resti strettamente connessa alla gestione diretta del governo siciliano.
Resta così solo una bella prova d’intenti e nulla di più la legge regionale numero 9 del 1986 che dà, ma solo sulla carta, l’opportunità agli enti locali (Province, Comuni e altre strutture pubbliche) di promuovere attività formative in piena autonomia. Normativa che di fatto il governo siciliano non ha mai applicato. Evidentemente gli interessi anche politici che ruotano attorno alla formazione sono troppo alti: ci sono 250 enti di formazione e 7 mila dipendenti “da tenere a bada”.
Demandare agli enti locali parte delle attività formative significherebbe anche non potere soddisfare l’intera platea del mondo della formazione professionale siciliana, fatta di centinaia di enti regolarmente accreditati che aspettano il loro ritorno di visibilità ed economico. Malignità che da sempre girano attorno al settore e che però trovano fondamento quando ci si mette con numeri alla mano: i corsi che diminuiscono ed i costi che aumentano, sottolinea la Corte dei Conti. Ma come è possibile? Il riferimento appare abbastanza scontato: ogni anno aumentano gli enti che si accreditano (solo nel 2009 all’incirca un centinaio ne sono subentrati di nuovi) e quindi servono più investimenti per far contenti tutti. Si sa che Province e Comuni in Sicilia non sono legati tutti dallo stesso colore politico: se quindi le attività formative sarebbero demandate a loro così come ne dà possibilità la legge, il rischio sarebbe quello per la Regione di farsi sfuggire il controllo del settore.
 
Di questo ne è convinto il presidente della Provincia di Siracusa, Nicola Bono: “Le ultime vicende scandalose che sono emerse nella formazione – rivela – denuncia una cosa sola e cioè che la gestione del mercato del lavoro e della formazione professionale non è mestiere della Regione”. Bono non comprende il motivo per il quale la Regione Siciliana, unica in Italia, si ostina a non delegare alle Province, così come previsto dalla legge, tali funzioni. “Dalla Valle d’Aosta alla Calabria – ha detto Bono – queste funzioni sono delle Province. In Sicilia no. Una situazione paradossale che mostra anche tutti i suoi limiti, poiché è facile riscontrare come ormai da molto tempo la formazione professionale in Sicilia non è per niente correlata alle esigenze del mercato del lavoro, e si verifica la contraddizione per cui, a fronte di una richiesta di professionalità e di manodopera specializzata, le imprese non trovano risposte sul territorio, mentre la disoccupazione resta ai massimi livelli”.
Una cosa è certa: il sistema, così com’è, non funziona. “La Sicilia è la Regione italiana che spende più soldi per finanziare i corsi di formazione professionale – dichiara Alessandro D’Alessandro, segretario del Pdci di Palermo – ma questi sono privi di qualsiasi legame con le figure richieste dal mondo del lavoro”.
 

 
Competenze. Cosa prevede la Legge n. 9 del 1986
 
In Sicilia le competenze della Provincia sono regolate dalla legge regionale 9/1986, la quale, promuovendo la scelta di un’attività della Regione, degli Enti locali territoriali e degli Enti dipendenti ispirata ai principi di autonomia, di decentramento, di partecipazione ed al metodo della programmazione, stabilisce che gli enti locali vengono caricati delle funzioni di partecipazione alla formulazione della programmazione economica e sociale regionale.
La Provincia, viene definita “ente pubblico territoriale”, con il compito di realizzare l’autogoverno e di sovrintendere, nel quadro della programmazione regionale, all’ordinato sviluppo economico e sociale della comunità; essa è titolare di funzioni proprie e può esercitare le funzioni delegate dalla Regione. Tra gli ambiti nei quali può spaziare rilegge testualmente che rientra “la promozione ed attuazione, nell’ambito provinciale, di iniziative ed attività di formazione professionale”.
Il quadro delle competenze che emerge disegna la possibilità che la Provincia possa attuare una pianificazione integrata dei settori di sua competenza, potendo correlare le politiche di tutela a valorizzazione dei beni culturali con quelle di formazione ed istruzione con le politiche di produzione culturale, con le politiche di sviluppo economico e sociale legate al turismo, ed infine con quelle di controllo ambientale e di sostenibilità ecologica dello sviluppo.
 

 
L’assessore Luigi Gentile: “Settore da rivedere”
 
Sin dal suo insediamento l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione professionale, Luigi Gentile, ha ammesso le difficoltà strutturali del settore.
Ha annunciato la netta intenzione di sedersi attorno ad un tavolo con i sindacati per “ridisegnare” la materia attraverso una profonda revisione dell’intero strumento formativo. Si è ritrovato praticamente catapultato in una situazione difficile per il varo del Prof 2009 e, visti i tempi stretti, tutto è stato fatto riproponendo lo stesso piano formativo del 2008: “Certo non è stata una soluzione ottimale – ha sottolineato – ma assolutamente necessaria per uscire dall’empasse. Adesso abbiamo il tempo per il varo del Prof 2010 di valutare nuovi percorsi per garantire una più efficiente qualità della formazione professionale”. Alle critiche piovute dall’opposizione all’Ars, che ha accusato il governo siciliano di avere avallato le scelte gestionali passate che erano già state valutate negativamente, Gentile risponde così: “Punteremo – precisa – su una formazione che garantisca l’immissione sul mercato di professionalità che servono realmente. Sicuramente servono saldatori, operai, elettricisti, idraulici ed operatori del turismo”.