Crisi in Ucraina, le diplomazie faticano

WASHINGTON – "Stiamo considerando l’ipotesi di fornire armi all’Ucraina se la soluzione diplomatica dovesse fallire". Lo ha detto il presidente americano Barack Obama, dopo il vertice alla Casa Bianca nello Studio Ovale tra il presidente americano e la cancelliera tedesca, Angela Mekel. "La Russia – ha aggiunto Obama – ha violato i suoi impegni, continuando a operare nell’Ucraina dell’est, inviando soldati e artiglieria pesante e distruggendo interi villaggi". Per il presidente degli Stati Uniti, il quale ha sottolineato che si andrà avanti sulla strada delle sanzioni verso la Russia, "la prospettiva di una soluzione militare in Ucraina è sempre stata bassa". Gli Stati Uniti non hanno ancora deciso se inviare armi letali all’Ucraina per difendersi dall’ "aggressione" della Russia. L’opzione "resta sul tavolo", ha tuttavia aggiunto Obama.
Stati Uniti e Germania sono "assolutamente d’accordo nell’incoraggiare la soluzione diplomatica" per risolvere la crisi in Ucraina, ma il presidente Usa ha parlato tuttavia anche del diritto dell’Ucraina di "difendersi".
All’incontro, tra gli altri, erano presenti anche il vicepresiente Usa, Joe Biden, il segretario di stato americano John Kerry, e i più stretti consiglieri della cancelliera di politica estera ed economia, oltre al suo portavoce Stefen Seibert.
Intanto traballa il vertice di Minsk di domani. I ministri degli esteri Ue hanno deciso "di mantenere il principio" dell’allungamento della ‘black list’ "per i i fatti di Mariupol" ma "l’applicazione sarà presa alla luce della situazione sul terreno" ed il punto "si farà lunedì prossimo" vincolate ai risultati del summit di Minsk "se si terrà", ha detto Laurent Fabius. In mattinata il Consiglio dei ministri degli esteri riunito a Bruxelles ha avvertito: ‘Dobbiamo essere pronti a sanzioni economiche se i negoziati falliscono’.
Il Cremlino intanto smentisce che ci sia stato un ultimatum da parte della Cancelliera a Putin: ‘Non accettiamo ultimatum da nessuno’
Dalle pagine di un quotidiano egiziano e alla vigilia della sua visita al Cairo, Vladimir Putin afferma che ‘in Ucraina c’è bisogno di "una tregua immediata" e della fine del blocco economico che Kiev ha decretato in autunno nelle zone occupate dai ribelli’. Il leader del Cremlino dà la sua versione dei fatti spiegando che la crisi non è colpa di Mosca, bensì degli Usa e dei loro alleati occidentali che si ritengono ‘vincitori’ della Guerra fredda e vogliono espandere dappertutto la loro volontà.
E mentre le diplomazie lavorano con ritmo febbrile, sul campo la battaglia prosegue. Nella notte un impianto chimico è stato colpito a Donetsk producendo un’esplosione così potente da essere udita in tutta la roccaforte dei separatisti del sud-est ucraino. Secondo il portavoce del ministero della Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare, Eduard Basurin, ci sono dei feriti, ma non si registra nessuna fuga di sostanze chimiche nell’atmosfera. Kiev intanto denuncia che tra sabato e domenica sono arrivati nel sud-est ucraino circa 1.500 soldati russi e 300 mezzi militari, tra cui pezzi di artiglieria, missili Grad e camion.