Acate, borgo fondato nel XV secolo ricco di testimonianze archeologiche

La storia del borgo quattrocentesco di Acate risale in realtà a tempi assai più antichi. Ci troviamo nel ragusano, nella vallata bagnata dal fiume Dirillo, in un territorio ricco di testimonianze archeologiche lasciate nel corso dei millenni da numerose civiltà del passato, dai Siculi ai Romani, e poi Bizantini, Saraceni, Svevi, Normanni ed Aragonesi.
La fondazione del paese è datata XV secolo e si deve al barone Guglielmo Raimondo Castello. Ma già un secolo prima in quel luogo sorgeva il casale Odogrillo, di epoca araba, di cui ancora oggi sono visibili i resti murari in contrada Casale e che per molto tempo rappresentò l’unico sito abitato della zona. Successivamente però cominciò il suo declino al quale, nel contempo, corrispose l’ascesa del vicino casale di Biscari, l’attuale Acate. Quest’ultimo infatti visse un periodo di sviluppo con la famiglia dei Castello, tanto che lo storico Tomaso Fazello, nel suo De rebus siculis decades duae pubblicato nel 1558, lo descrisse come “piccolo centro fortificato”. 
 
Al nobile Guglielmo Raimondo, detto il Magnifico per il suo impegno nell’accrescere la fama del feudo, si deve la fondazione dell’odierno quartiere San Vincenzo, il nucleo più antico del paese, e del castello, che fu realizzato nel 1424, come ricorda una lapide posta nell’ingresso dell’edificio, probabilmente sul sito di un preesistente baglio fortificato. 
 
Ad Agatino Paternò Castello, che nel 1633 ottenne l’investitura di principe di Biscari da Filippo IV re di Spagna, si devono invece la costruzione della monumentale chiesa Madre, e l’ampliamento del castello, che assunse l’aspetto di palazzo nobiliare. Il nobile infatti si interessò di ingrandire la cappella annessa al castello intitolata a San Giuseppe e di edificare due torri sul prospetto principale. Ma più di ogni altra cosa si occupò di rifondare l’antico borgo secondo un impianto urbanistico ortogonale, con i principali monumenti che si inseriscono armoniosamente nel reticolato, pur senza interromperlo. Nel 1693 il centro abitato fu colpito dal terremoto e così sia il castello che la chiesa Madre furono gravemente danneggiati.
 
Per vedere rifiorire l’antica Biscari bisognerà attendere qualche decennio, quando il principe Vincenzo Paternò Castello fece edificare nuove chiese e conventi, ristrutturando l’antica fortezza e la chiesa Madre che, della costruzione originaria, conserva la volta del coro, parte dell’abside e del transetto. Nel 1727 il principe fece ampliare la chiesa di San Giuseppe, per poi dedicarla a San Vincenzo martire. Al suo interno sono custodite le spoglie del Santo martire provenienti da Roma, la cui storia dell’arrivo ad Acate è legata ad una leggenda.
 
Si racconta infatti che all’epoca il principe Vincenzo intratteneva una storia d’amore con una fanciulla del luogo. Venuta a conoscenza del fatto, la principessa Anna Scamazza Bonaiuto fece rinchiudere la giovane nel castello, cospargendo il suo corpo di miele per attirare le api, per poi però pentirsene e chiedere il perdono al Papa Clemente XI. Il Pontefice le offrì l’indulgenza in cambio dell’offerta di accogliere nel castello il corpo di un martire seppellito in Vaticano.