Mef: parola fine alle prestazioni occasionali

CATANIA – L’esercizio di un’attività professionale per la quale è necessaria l’iscrizione all’albo comporta gli stessi obblighi previdenziali e fiscali a prescindere che si tratti di una prestazione occasionale o continuativa. È questo il contenuto della lettera protocollata numero 4594 con la quale il ministero dell’Economia e delle finanze ha risposto a una nota Inarcassa in cui si chiedevano spiegazioni in merito.
Tutto è partito da un dossier, il numero 448/2014, del Centro studi del Cni. Qui si arrivava alla conclusione che per gli iscritti agli albi professionali la normativa prevede un’eccezione in merito ai limiti imposti nei rapporti di prestazioni occasionali. In particolare, secondo il Centro studi, gli iscritti ad un albo professionale che svolgono un lavoro dipendente avrebbero potuto svolgere anche prestazioni occasionali senza limiti di tempo, compenso e senza l’obbligo di partita Iva. Si è subito scatenata un’aspra polemica tra i liberi professionisti "puri", convinti della assoluta mancanza di senso logico in una conclusione di questo tipo che finisce con l’avvantaggiare i lavoratori dipendenti a discapito di chi svolge prevalentemente professione autonoma.
A chiarire la questione è intervenuto dunque il ministero dell’Economia e delle finanze che ha letteralmente smantellato la ricostruzione normativa operata dal Centro Studi del Cni, rilevando che qualora l’attività svolta dal soggetto rientrasse tra le attività tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo, i relativi compensi devono essere considerati redditi da lavoro autonomo, con conseguente integrale soggezione degli stessi alla relativa disciplina.
Secondo il Mef, infatti, le attività per le quali è richiesta l’iscrizione ad un albo professionale sono state definite "impropriamente" dal Centro Studi "occasionali" nel caso di saltuarietà, eccezionalità, non ripetitività e senza vincolo alcuno di subordinazione del committente. Come rilevato anche da Inarcassa, nel caso in cui un professionista, che svolge attività professionale a latere di un rapporto di lavoro dipendente, sia messo in grado di avanzare un’offerta economica sulla quale non gravi né l’Iva né il contributo integrativo si produrrebbe un effetto dumping e si rischierebbe dunque di "far discendere in un’unica risoluzione l’estensione della possibilità di svolgere attività professionale senza partita IVA a tutti gli iscritti ad un Albo che siano (anche) lavoratori dipendenti, appare una forzatura prova di base legale".