Abituarsi a lavorare duramente fin da quando si frequenta la scuola. L’abitudine alla fatica comporta anche l’abitudine ad aiutare gli altri, quelli meno capaci. Stare insieme, crescere insieme, migliorare insieme.
Ecco perché lo sciopero dei docenti, di martedì 5 maggio, deve considerarsi contro gli alunni e non fatto per il loro bene, ma per l’interesse egoistico dei docenti stessi.
La mia nipotina di 16 anni frequenta il liceo classico. Ha insegnanti bravi e insegnanti asini. Lei va bene, ma ha già capito quali sono i primi e quali sono i secondi. I docenti che scioperando il giorno in cui si dovevano svolgere i test dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) non rendendoli possibili, di fatto hanno voluto evitare che venisse giudicato il livello dell’insegnamento in Italia. Rifiutarsi di far giudicare i propri allievi equivale a rifiutarsi di farsi giudicare, comportamento egoistico, perché è noto che gli esami non finiscono mai.
La questione dei precari è anacronistica: chi assicura ai genitori che gli insegnanti siano capaci, quando non hanno mai superato un concorso selettivo? Il fatto che un insegnante sia stato in cattedra 10 o 15 anni non ne dimostra la valenza.
Ovviamente, anche i dirigenti debbono essere valutati. Questa funzione è affidata agli ispettori che, vedi caso, in Italia sono appena 50, mentre in Francia sono qualche migliaio e in Germania quasi cinquemila.
Ci deve essere una catena di controllo della qualità che valuta non solo i risultati di ogni tipo, da mettere sui siti di ciascuna scuola di ogni ordine e grado, ma anche le qualità professionali di chi le dirige e, a sua volta, le qualità professionali ed umane di chi vi insegna.
Quanto precede dovrebbe essere il cuore della riforma, cioè inserire merito, merito, merito, nonché qualità, qualità e qualità.
Tutto il versante delle manutenzioni degli edifici è semplicemente anacronistico. Gli immobili e gli impianti in essi contenuti debbono essere tenuti a norma e in efficienza dagli uffici dello Stato e non più da Comuni e Province, perché la scuola è un bene di tutta la Comunità nazionale e non affidata alle beghe degli enti locali.
Nelle valutazioni sociali, vengono sempre prima i discepoli e poi i precari.