Roccella Valdemone, uno dei più suggestivi borghi della Sicilia

Un tempo si chiamava Auricella, secondo la leggenda popolare per la presenza in loco di cave d’oro. Il grazioso borgo di Roccella Valdemone, uno dei più suggestivi della Sicilia, sorge nei pressi di due speroni rocciosi, la rocca piccola e la rocca grande, e fu fondato in epoca normanna, diventando ben presto una fortezza strategicamente importante.  A quel tempo infatti risalgono le prime fonti storiche, che attestano l’esistenza di un monastero di rito greco, dedicato a S. Nicola di Pellera, e di un castello, di cui non rimangono più traccia.
 
La fortezza, di probabili origini bizantine o normanne, tuttavia risulta ancora esistente nella metà del XVIII secolo, indicata dallo storico Vito Amico come posta in cima ad una rupe eccelsa ma già in rovina. Sorgeva infatti nei pressi della piccola rocca, dove oggi è stato realizzato un belvedere, e da dove si poteva facilmente controllare il torrente Roccella, che costituiva una via di penetrazione per raggiungere la vallata dell’Alcantara. 
 
A breve distanza dal luogo dove sorgeva la fortezza, svetta la sagoma della chiesa di Santa Maria dell’Udienza, che probabilmente costituiva un tempo la cappella del castello baronale, e il cui campanile mostra tracce arabo-normanne. La chiesa si sviluppa su pianta a croce latina, con una sola navata e transetto e vi si accede da un portale in pietra arenaria con capitelli in stile corinzio. Al suo interno è custodita una statua in marmo di Antonello Gagini del primo Cinquecento, raffigurante la Madonna dell’Udienza, che tiene in braccio il pargoletto Gesù. Il simulacro viene portato in processione su un artistico fercolo denominato “baiardu” nel giorno di ferragosto di ogni anno, in occasione della festa patronale.
 
Un’altra pregevole opera dello scultore palermitano si può ammirare nella chiesa Madre, intitolata a San Nicolò di Bari, in stile rinascimentale. Si tratta di un’ancona in marmo del 1540, dove sono scolpite le figure della natività e le statue di San Nicolò di Bari e San Giovanni Battista. L’opera venne commissionata all’artista dal barone Giovanni Michele Spadafora, il quale era rimasto colpito dalla formella della natività della tribuna marmorea che lo scultore aveva realizzato qualche anno prima per la chiesa di Santa Zita, nel capoluogo siciliano, e fu completata dal figlio Giacomo Gagini.
 
La Matrice, affiancata da un alto campanile, realizzata intorno al Quattrocento, ha subìto nel tempo diversi interventi di restauro. S’innalza nella centralissima Piazza Duomo, di fronte a quella che fu residenza dei nobili Spadafora.
Il destino di Roccella Valdemone è infatti legato alla famiglia dei Spadafora, che entrarono in possesso del feudo nel 1296, anno in cui Federico II d’Aragona lo concesse al marchese Damiano Spadafora, col titolo di baronia, divenendo in seguito marchesato. Costoro ne furono padroni fino al 1812, quando il parlamento del Regno delle due Sicilie abolì il feudalesimo. Lo stemma del nobile casato, composto da un braccio armato che impugna una spada, è raffigurato tuttora nel gonfalone comunale e fa bella mostra di sé anche nella facciata dell’antico palazzo baronale.