Palermo, così si scoraggia l’affido dei minori. Lunghi tempi di attesa e fondi ridotti all’osso

PALERMO – Il 9 maggio scorso si è svolta a Palermo la prima Festa dell’Affido, organizzata dall’Associazione Famiglie Affidatarie Palermo (AFAP), e finalizzata a diffondere la cultura dell’affidamento familiare. A breve distanza dall’evento, i primi risultati positivi, il grande interesse dei cittadini e l’ingresso di nuovi soci; molteplici però le criticità, a partire dalla scarsa informazione.
“Prendere in affidamento un minore significa accoglierlo temporaneamente nella propria vita, garantendogli delle figure di riferimento affettivo, senza per questo sostituirsi alla famiglia naturale. Esso non è aperto solo alle coppie sposate, come per l’adozione, ma si estende ai singoli e alle coppie di fatto”, spiega Giuseppe Sortino, presidente AFAP.
Un grosso problema terminologico, ma anche organizzativo, per le difficoltà di gestione del Centro Affidi del Comune di Palermo e l’inadeguatezza dei sovvenzionamenti.
“Le famiglie avrebbero il desiderio di affidare – continua Sortino – ma molte non hanno le possibilità economiche. Questo non va certo nella direzione dell’interesse del minore”. Un’azione rallentata da lungaggini burocratiche e carenza di personale, unite alla scarsa visibilità del Centro, poco noto agli aspiranti affidatari.
“I lunghi tempi di attesa per gli incontri necessari a valutare l’idoneità dipendono dall’organico ridotto – precisa Adriana De Trovato, consigliera AFAP – Se non si accelerano i tempi, ci troveremo di fronte a famiglie demotivate e adolescenti troppo grandi per ambire a una famiglia. Dobbiamo poi constatare amaramente l’esistenza di minori di serie A e di serie B: il Centro Affidi è competente per il solo Comune di Palermo, mentre restano scoperti quelli limitrofi, e alcuni non dispongono neanche di un’assistente sociale. Appare quindi urgente un ufficio distrettuale che copra l’intera provincia”.
Passando alla nota dolente dei fondi salta all’occhio il “dislivello di trattamento” tra Comunità e affidatari. “Per ogni bambino la comunità riceve dai 1.500 ai 2.500 euro mensili, a fronte dei 250 massimi spettanti agli affidatari – spiega Giacomo Di Vincenti, vicepresidente AFAP – Questo solo in teoria, perché finora vantiamo la magra cifra di 700 euro, risalente al 2010.
Eccezionalmente l’anno scorso è stato stanziato il 90% del massimo, quando la media per alcune città del Nord è ben superiore (600 euro a Firenze). Manca poi l’esenzione ticket per le visite specialistiche, e l’erogazione del contributo fino ai 21 anni per l’affidato, come avviene per le comunità. Molti affidatari sono della media borghesia e hanno altri figli, non possono sostenere tutte le spese. Va da sé chiedersi il perché di queste disparità”.
Dal 2013 l’AFAP ha ottenuto delle agevolazioni, insufficienti però alle reali esigenze dei minori. “Dall’anno scorso beneficiamo di una riduzione delle tasse comunali e l’assessore Borsellino ha promesso un incontro per discutere dell’esenzione ticket”. Al di là di problematiche quali la progettazione di interventi per il recupero delle famiglie naturali, e la cura dei rapporti con le famiglie affidatarie e i minori, l’affido “resta un atto d’amore puro e disinteressato. In ogni momento il bambino potrebbe tornare a casa, lo sappiamo, ma ce ne assumiamo la piena responsabilità”, sottolinea Jenny Campanella, consigliera AFAP.
“In fondo non chiediamo molto – conclude Di Vincenti – Ci accontentiamo delle agevolazioni riconosciute alle Comunità. In cambio noi offriamo cure e dedizione. E queste sono impagabili”.