Vi è una netta differenza fra chi lavora nel settore privato e in quello pubblico: la cessazione del rapporto a tempo indeterminato comportava la valutazione del giudice che poteva costringere il datore di lavoro a riprendersi il dipendente licenziato. Oggi, con la legge n.183/2014, chiamata Jobs Act, tale possibilità non c’è più.
Nel comparto pubblico, invece, nonostante molte leggi consentano la licenziabilità dei dipendenti per gravi motivi o inefficienza, di fatto tali eventi non si verificano quasi mai, perché il datore di lavoro pubblico è debole e non risponde ai cittadini per le proprie incapacità di produrre e gestire servizi efficienti. Di questo hanno grave responsabilità i dirigenti che sono (o che dovrebbero essere) i motori di una Pubblica amministrazione che funzioni.
È poi noto che i contratti di lavoro dei dirigenti sono sempre a termine. Non per questo essi si possono chiamare precari, anche perché i dirigenti bravi trovano collocazione in un mercato che ha bisogno di professionisti preparati. Dal che si deduce che chi urla a difesa dei precari, in effetti difende gli incapaci.
Sarebbe ora che giornali e televisioni smettessero di fare la tromba di chi non merita perché non ha capacità.
Precari contro disoccupati, ecco la verità che scriviamo da decenni, una verità che il ceto politico ha ignorato, perché ha basato la raccolta del consenso sul voto di scambio, tra voto e bisogno. è umano che chi abbia bisogno ceda alle lusinghe di chi gli chiede il voto, ma questo comportamento danneggia tutti gli altri cittadini.
Vi è un’ulteriore questione che va evidenziata: quando la Pubblica amministrazione assume un precario, non perché è bravo ma perché è stato raccomandato, fa un doppio danno alla collettività! Primo perché non è detto che chi entri nella Pa sia capace di eseguire bene i servizi e, secondo, perché il costo di tale precario viene pagato senza una contropartita di un lavoro fatto bene.
La Pubblica amministrazione, nel suo complesso, ha 4,3 milioni di addetti: 3,3 mln diretti e quasi un milione delle partecipate o controllate. Un numero rilevante, superiore al fabbisogno, mai determinato attraverso i Piani aziendali anticorruzione, che ogni ente ha l’obbligo professionale e civico di stendere e di rendere noto sui propri siti web.
Si tratta di un comportamento asociale e incivile che va ribaltato senza esitazione.