Marianopoli, borgo unico e particolare

Il borgo di Marianopoli, nel nisseno, prende il nome dal suo fondatore, il barone Mariano Della Scala che nel 1726, allo scopo di colonizzare il feudo Manchi di Bilici,  ottenne di  trasferirvi una colonia di greci albanesi, nell’ambito del vasto processo di popolamento delle zone interne della Sicilia avviato in quel secolo. Il territorio in cui sorge il paesino è abitato però da ben più lungo tempo, come attestano i reperti preistorici conservati nel museo archeologico di Marianopoli.
 
I più antichi appartengono alla necropoli greco-indigena in contrada Vallescura dove, tra l’altro gli scavi archeologici nel 2001 hanno portato alla luce resti di capanne, ceramiche e resti di pasti rituali associati ad un cromlech, monumento megalitico costituito di pietre infitte nel suolo a forma di cerchio risalente al 1900 a.C., e agli insediamenti indigeni rinvenuti sul monte Castellazzo. Secondo Adolf Holm, che nel suo libro “Storia della Sicilia nell’antichità” cita come fonti Diodoro Siculo e Polibio, in cima a questa rocca sorgeva infatti il centro ellenizzato di Mytistraton, raso al suolo dai Romani nel II secolo a.C., per poi risorgere sotto i Bizantini, che la riportarono al suo antico splendore e la rinominarono Mestrato.
L’attuale centro abitato di Marianopoli, d’impronta settecentesca, ha un impianto ortogonale, con isolati rettangolari ed una piazza centrale nella quale sorge la chiesa Madre intitolata a San Prospero Martire, patrono del paese. L’edificio religioso risale alla fondazione di Marianopoli. All’epoca però era decisamente più piccola. Fu sottoposta a restauro ed ingrandita solo il secolo successivo, con l’aggiunta di due navate, la torre campanaria e la canonica. Al suo interno si possono ammirare tele ed affreschi pregiati, oltre all’urna contenente le ossa del Santo Patrono, la cui festa si celebra ogni anno la prima domenica di agosto, e alla statua di San Giuseppe attribuita alla scuola del Bagnasco.
Una statua lignea del Santo patriarca è custodita anche nella chiesa di San Giuseppe, la cui costruzione fu voluta nel 1892 dai baroni Francesco e Ludovico Landolina Paternò di Rigilifi, che si stabilirono in paese nella metà del XIX secolo. Fu realizzata con il contributo degli abitanti.
Meta di pellegrinaggio è invece il santuario di Belici, che si trova poco distante dal paese, dove è custodito un crocifisso ligneo ritenuto miracoloso e oggetto di venerazione, le cui origini sembrano legate ad una leggenda. Si racconta che fosse opera di un giovane pastore che però non era riuscito a scolpire  il viso del Cristo. Addormentatosi, una volta sveglio trovò il crocifisso completato, con il volto intenso e bellissimo.
Dalla leggenda alla realtà. Ogni anno il 3 maggio, numerosi di pellegrini provenienti da Marianopoli e dai paesi vicini, giungono in questo luogo unico e particolare,  posto a 489 metri di altezza, per rendere omaggio al “Signuri di Bilici”, una pregevole scultura lignea risalente al Seicento, opera di Innocenzo da Petralia. Il frate francescano, che frequentò la scuola di scultura di fra’ Umile da Petralia, è noto per aver realizzato numerosi crocifissi lignei dal forte pathos espressivo.