Il futuro del lavoro nel digitale: Internet favorisce l’occupazione

Uno dei più potenti veicoli di creazione di posti di lavoro in Europa degli ultimi anni è senza dubbio stato il digitale.
A sostenerlo è il Rapporto Unioncamere 2015 “Alimentare il digitale. Il futuro del lavoro e della competitività dell’Italia”, i cui dati dimostrano come proprio il digitale debba rappresentare la bussola della ripresa economica del Paese.
Le competenze digitali rappresentano, infatti, ormai delle gateway skills, che secondo quanto stima la Commissione Europea, entro il 2020 saranno necessarie per l’85-90% di tutti i lavori.
Le opportunità lavorative nel settore dei nuovi media e dei social network sono aumentate in Italia solo nel 2014 del 15%.
Le figure più ricercate sono l’E-commerce manager e il Web reputation manager, ovvero chi analizza e gestisce l’immagine aziendale sui social network e sul web.
Seguono il Datawarehouse manager, che si occupa dello sviluppo e dell’evoluzione dei sistemi informatici atti a raccogliere e modellare tutti i dati disponibili di un’azienda, il Social media manager e il Chief technology manager, esperto di tecnologie che sa identificare le possibili applicazioni tecnologiche nei prodotti aziendali. Tutte figure che in Italia, e non solo, è difficile reperire.
Si stima, infatti, che entro il 2020 saranno circa 900 mila i posti di lavoro negli ambiti legati all’economia digitale che l’Unione Europea prevede rimarranno vacanti. La ragione? Gli studenti non possiedono le competenze professionali richieste.
In Italia il rapporto tra i neolaureati e la domanda di figure professionali specializzate è in alcuni casi di 1/20.
I laureati in discipline ICT nel nostro Paese non solo sono ancora pochi, ma spesso non raggiungono il livello di professionalità richiesto dalle impres.
La richiesta di queste figure però non fa che crescere: le offerte per i laureati in Informatica, IT e telecomunicazioni sono aumentate solo lo scorso anno dell’8,8%, precedute solo da quelle per addetti alla produzione e al controllo qualità (20,8%) e addetti alle vendite (17,1%).
Il dato interessante che sottolinea il Rapporto Unioncamere è, inoltre, che per ogni posto di lavoro ad alto contenuto tecnologico creato si genererebbero 4,3 posti di lavoro in altri settori nella stessa regione, a dimostrazione dei forti effetti di rete sull’economia riconducibili alle tecnologie digitali.
Come dire che Internet non distrugge il lavoro, ma lo (ri)crea, realizzando opportunità anche per le persone con un basso livello di istruzione. Senza trascurare l’impatto in termini di opportunità di svolgere un lavoro in forma autonoma e di creazione di nuova imprenditorialità, strettamente correlata all’aumento delle nuove opportunità e dei nuovi modi di lavorare legati alla digitalizzazione. Una vera e propria rivoluzione non solo dell’economia, ma anche del mercato del lavoro.
Le stime per il 2015 confermano questo trend: le piccole e medie imprese propense ad assumere saranno il 20% di quelle che utilizzano la rete per aumentare la possibilità di fare affari, a fronte del solo 10% rilevato tra gli imprenditori che ritengono Internet ininfluente per lo sviluppo della propria azienda.
 

 
Assunzioni. Possibilità maggiori nell’alimentare e nel turismo
 
Tra tutti i settori industriali è quello dell’alimentare a mostrare il differenziale più marcato tra aziende online e offline quanto a propensione ad assumere nel 2015, con una quota delle prime pari a quasi tre volte le seconde (34% contro 12%). Lo seguono i settori chimico-farmaceutico, della produzione di materie plastiche e dell’abbigliamento. Al di sopra della media si collocano poi meccanica ed elettronica, ma anche il “sistema moda”, un dato che evidenzia gli effetti dell’economia digitale nella competitività e nella crescita occupazionale di alcuni comparti di punta del made in Italy. Per quanto riguarda i servizi, invece, il differenziale più alto si colloca nei settori del turismo, dei trasporti, della sanità e l’assistenza sociale e dell’istruzione.
Meno rilevanti sono le difformità tra territori, dove va segnalata una maggiore propensione ad assumere da parte delle piccole e medie imprese delle regioni del Nord Est (22%), seguite da quelle del Sud e delle isole (20%) e del Centro (19%). Analizzando, invece, le classi dimensionali d’impresa, la previsione d’assunzione cresce di pari passo con le dimensioni aziendali: 15% per le aziende con 1-9 dipendenti, 29% con 10-49 dipendenti e 65% con 50-249 dipendenti.