Concorso Rai, una class action per invalidare la selezione

ROMA – Il concorso Rai continua a far parlare di sé nonostante siano passate più di due settimane dalla preselezione di Bastia Umbra e già siano iniziate le prove successive. Secondo Affaritaliani.it un avvocato civilista e un penalista cassazionista sono da giorni al lavoro per preparare una class action per invalidare la selezione.
Per il giornale online i giornalisti sono stati “umiliati dalle date, costretti a viaggiare per raggiungere la centralità di Bastia Umbra”.
L’obiettivo dell’esposto che nei prossimi giorni verrà recapitato al Procuratore Capo di Perugia è di far saltare una selezione che ha generato più di qualche problema. A partire dalla data, per finire con la scelta dell’Umbria, in aggiunta a quiz giudicati “inadeguati” alle conoscenze che dovrebbe avere un giornalista.
Non è piaciuto il test incentrato su domande su chi fosse il vincitore delle politiche in India e Turchia con l’aggiunta dei partiti turchi. Per non parlare di Quintino Sella e del suo pareggio di bilancio.
“Come è possibile – scrivono i ricorrenti capitanati da Massimiliano Cannalire, di Radio Cusano Campus – in un concorso Rai non porre una domanda sulla storia delle televisione e radio di Stato? E Come è possibile inserire la domanda su un unico cantautore, Guccini, che di certo non è il più popolare?”.
I giornalisti, una trentina in tutto per il momento, attaccano la Rai per aver taciuto per “13 mesi” e sostengono che dalle procedure di selezione “è emerso chiaro l’intento di creare una fraudolenta, odiosa selezione, che automaticamente scalasse gli iniziali 4982 a un numero assai ridotto”. Così la scelta dell’1 luglio, “quando tanti colleghi professionisti avevano già preso accordi per le sostituzioni di quelli andati in ferie e non sarebbero mai stati in grado di farsi, a loro volta, sostituire… per la trasferta”.
E a riprova dell’accusa, gli avvocati Luca Ciai e Marco Cinquegrane, sostengono che alla prova abbia partecipato solo il 44% degli iscritti, “ricusando un comportamento di rara arroganza degli organizzatori e una maniera indecente di gestire una situazione professionale così delicata”.