Tumori, prestazioni insufficienti. Malati in fuga dalla Sicilia

PALERMO – Crescono le nuove diagnosi di tumore. Sebbene nel Mezzogiorno ci si ammali meno rispetto al Settentrione, si muore proporzionalmente di più. Basti pensare al tumore al fegato: mentre negli uomini settentrionali l’incidenza di mortalità è pari al 15,6%, nel Mezzogiorno tale percentuale sale al 22,5%; medesima proporzione si ripercuote anche nel contesto femminile (incidenza al 4,8% nel Settentrione, all’8,8% nel Meridione). Questo non è altro che il caso più grave ed eclatante. Infatti, è possibile rilevare una pari disparità per ogni forma di neoplasia.
Ma da cosa dipende una tale accentuata disparità? Molto probabilmente dalle differenti risposte che la sanità è capace di offrire. Infatti, profonde e marcate differenze nell’offerta sanitaria sono state evidenziate dal settimo “Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici” pubblicato lo scorso 14 maggio da Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia).
Entrando nello specifico contesto regionale della Sicilia, rileviamo un generalizzato sottodimensionamento dei servizi presenti e offerti in proporzione al complesso della popolazione residente. Il deficit più grave inerisce la distribuzione regionale delle prestazioni specialistiche nella branca di oncologia: in Sicilia si contano appena 22,35 unità su un milione di abitanti; appena un terzo dell’incidenza media rilevata a livello nazionale (63,87 punti ogni milione di abitanti). Questa nostra siciliana è esattamente la terza incidenza più bassa a livello nazionale: segue esclusivamente ad altre due realtà meridionali, ovvero alla Calabria (15,87 ogni milione di abitanti) e alla Campania (17,41 ogni milione di abitanti).
Non va di certo meglio per quel che inerisce la distribuzione regionale delle prestazioni specialistiche nella branca di radioterapia e di medicina fisica e di riabilitazione: rispettivamente in Sicilia in tali ambiti Favo ha rilevato per il 2014 un’incidenza pari a 76,20 ogni milione di abitanti (contro 89,72 ogni milione di abitanti a livello nazionale) e 725,30 ogni milione di abitanti (846,15 punti ogni milione di abitanti).
Dunque, si tratta di una copertura estremamente contenuta, che certamente insieme ad altri fattori spinge una quota sempre più consistente di siciliani ad abbandonare l’Isola per ricevere le cure necessarie altrove, in particolar modo nel Settentrione. Nello specifico, in Sicilia l’indice di fuga si attesta 12,17%, non adeguatamente supportato da un pari indice di attrazione (1,9%). Anche in questo caso l’Isola è accompagnata da ulteriori realtà meridionali: in prima battuta spicca il 53,11% rilevato in Calabria, a seguire il 34,32% del Molise e il 30,84% della Basilicata.
Infine, concludiamo con un’ulteriore inefficienza rilevata da Favo: ovvero, quella inerente all’assistenza domiciliare integrata prestata ai pazienti terminali. Nell’Isola lo scorso anno sono stati trattati 6.026 casi, corrispondenti a 120,52 casi ogni 100 mila abitanti. Anche in questo caso non possiamo che rilevare un’incidenza assai più contenuta rispetto a quella nazionale (132,35 casi ogni 100 mila abitanti).
Alla luce delle suddette considerazioni non ci sarebbe poi da stupirsi così tanto se nell’Isola e in tutto il Mezzogiorno più in generale i pazienti affetti da neoplasie godano di una qualità della vita nettamente inferiore rispetto a quella riscontrata nel resto dello Stivale, siano assai spesso costretti alla fuga ed altrettanto spesso muoiano con un’incidenza assai superiore alla media nazionale e settentrionale.