Nella seconda metà dell’Ottocento un piccolo comune dell’interno della Sicilia, non lontano da Caltanissetta, fu primo al mondo nella frenetica corsa all’estrazione e lavorazione dello zolfo, che all’epoca fu definito l’oro giallo e da cui, secondo alcuni, deriva il nome allegorico del paese. Dal 1815, infatti, a Montedoro erano state impiantate numerose miniere, che determinarono la crescita del paese, come quelle di Nadorello e Gibellini, che diedero lavoro per circa due secoli agli abitanti del territorio. In queste miniere, in assenza di controlli e di misure di sicurezza, lavoravano anche i “carusi”, i bambini, col compito di trasportare le pietre di zolfo dal sottosuolo all’esterno, in cambio dell’alloggio e di un tozzo di pane imbevuto nell’olio dei lumi.
Il primato di Montedoro durò fino al 1890, quando si fece forte la concorrenza delle miniere oltre Atlantico, in America. Nel decennio successivo molti minatori furono licenziati e i loro stipendi diminuiti, provocando progressivamente una crescente ondata di migrazione verso l’estero.
Per far conoscere l’affascinante mondo delle miniere, attraverso la rievocazione di antiche memorie, all’ingresso del parco urbano del paese è stato realizzato un museo, proprio nel luogo dove un tempo vi era la zolfara Nadorello, appartenuta alla famiglia Caico, una delle più influenti del paese.
Non è casuale la scelta della proprietà dei Caico. Infatti nella Montedoro di fine Ottocento la nobildonna Louise Hamilton Caico, inglese di origine e francese di adozione, giunta nell’isola per aver sposato un rampollo della famiglia, scrisse sulle abitudini, sulle usanze e sui costumi locali dell’epoca, che spesso riteneva stupidi per le sue idee di liberazione delle donne dal conformismo e maschilismo cui erano costrette a soggiacere, e con una Kodak a soffietto immortalò luoghi, paesaggi e l’ambiente minerario, offrendoci un dettagliato spaccato della vita della fine del XIX secolo. Il museo della zolfara, intitolato allo storico delle tradizioni locali Angelo Petyx, oltre agli antichi utensili da minatore, raccoglie documenti, fotografie e minerali, e raffigurazioni di scene di vita lavorativa all’interno delle miniere di zolfo.
Montedoro fu fondato nel marzo del 1635 nel feudo Balatazza, dal principe Don Diego Tagliavia Aragona Cortez con isolati rettangolari, il palazzo ducale, oggi non più esistente, posto al centro del paese, e la chiesa Madre dedicata a Maria Santissima del Rosario e a Santa Maddalena. Nelle piazze e nelle vie ancora oggi si possono scorgere, a testimonianza della civiltà contadina di un tempo, i dammusi, le antiche abita¬zioni monovano, alcune delle quali sono state recuperate nel rispetto delle tecniche di costruzione originali.
Il paese di Montedoro, se una volta era conosciuto per le sue miniere, oggi lo è soprattutto per il sole, i pianeti e le stelle. In cima al monte Ottavio, in un paesaggio unico e di rara bellezza, tra percorsi naturalistici e archeologici, con grotte e tombe preistoriche, si trovano infatti l’osservatorio astronomico e il planetario comunale, dove si possono ammirare le galassie, le costellazioni e i movimenti che la Terra e i pianeti compiono attorno al Sole.