Mercato del lavoro, c’è chi in Italia sta peggio di chi sta già male. Questa è sicuramente la Sicilia che continua ancora a sfornare numeri che impressionano, ovviamente in negativo. Gli ultimi li fornisce il Fondo monetario internazionale (Fmi) che conferma quanto l’Isola sia moribonda in un’Italia malata.
In Sicilia c’è il più alto numero di persone che dal 2007 al primo trimestre del 2015 ha perso il lavoro: ben 168 mila unità su un totale nazionale di 932 mila, quindi vale a dire il 18 per cento del totale italiano. Una vera emorragia che ancora non sembra affatto ancora essersi chiusa.
La ripresa si sta materializzando, ma per l’Eurozona rischia di essere un percorso lungo e che darà i suoi risultati sul fronte della disoccupazione solo tra molto tempo.
Questo quanto afferma il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto sull’area Euro, nel quale si legge che “senza una significativa accelerazione della crescita, ci vorranno 10 anni alla Spagna e quasi 20 anni a Portogallo e Italia per ridurre il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi”. Il tasso di disoccupazione, spiega di nuovo l’Fmi, “è atteso rimanere più alto che durante la crisi in Italia”.
In Italia in particolare, si stima che il “tasso naturale di disoccupazione (definito come il tasso di disoccupazione a inflazione stabile-Nairu) resti più alto di quello visto durante la crisi”.
Per un confronto, in Francia sarà nel medio termine a livelli pari a quelli durante la crisi mentre in Spagna il Nairu scenderà in modo significativo rispetto a livelli senza precedenti ma rimarrà sopra il 15 per cento nel medio termine.
Per la Sicilia e l’Italia il Fondo monetario consiglia cinque tipi di interventi. Jobs Act (che a dire il vero per il momento in Sicilia non decolla) e legge sulla responsabilità civile dei giudici sono indicati come passi avanti positivi, poi seguono le raccomandazione: l’adozione e l’implementazione della pianificata riforma dell’amministrazione pubblica; ulteriori misure volte a migliorare l’efficienza della giustizia civile razionalizzando i tipi di casi che arrivano alla cassazione, permettendo un’ulteriore specializzazione dei tribunali e premendo l’acceleratore sul progetto per lo sviluppo di indicatori sulla performance dei tribunali; rafforzamento delle politiche previste dal Jobs Act e la legislazione e implementazione di misure concrete per ridisegnare gli ammortizzatori sociali in un sistema universale di sostegno condizionale alla ricerca di lavoro e al training; decentralizzazione della contrattazione salariale per permettere una maggiore flessbilità nei contratti nazionali; infine rapida approvazione e implementazione della legge annuale sulla competizione per affrontare le barriere regolamentari esistenti in settori chiave come il retail e i trasporti.
La ripresa nell’area con la moneta unica secondo sempre l’Fmi si sta rafforzando: “Ma l’area Euro è vulnerabile a shock negativi – precisa il Fondo – e restano i rischi di stagnazione legati a un prolungato periodo di bassa crescita e inflazione”.
Le paure di una crescita che rischia di non esserci
Il Fmi teme che dalla Grecia possa ancora partire un contagio per i vicini europei, intanto conferma stima di crescita del Pil della zona Euro all’1,5 per il 2015 e all’1,7 per cento per il 2016. “La debole prospettiva di medio termine e il limitato spazio di manovra rende l’Eurozona vulnerabile a shock che potrebbero indurre a un prolungato periodo di bassa crescita e inflazione”, sottolinea il Fondo spiegando che per evitare i rischi di stagnazione sarebbe necessario mettere in campo riforme che affrontino i gap strutturali sui mercati del lavoro, dei prodotti e dei capitali. Quindi investire in capitale umano per far tornare a circolare l’economia, questa la parola d’ordine che oggi appare di difficile attuazione. La ripresa economica fatica a trasformarsi in ripresa occupazionale: l’alto tasso di disoccupazione giovanile, specie in Sicilia, potrebbe danneggiare il potenziale del capitale umano e dar luogo a una ‘lost generation’, generazioni perdute per il Fmi. “Nonostante i recenti miglioramenti – sottolinea il Fondo – il tasso di disoccupazione rimane sopra l’11 per cento nell’area Euro e vicino al 25 per cento in Grecia e Spagna. La quota di disoccupazione di lungo termine continua ad aumentare, accrescendo i rischi di un’erosione delle capacità”.