PALERMO – La Sicilia universitaria per una volta si pone come precursore della riforma universitaria annunciata dal Ministro della Pubblica Istruzione, Gelmini, che dà il via libera al disegno di legge di riforma delle Università attraverso la riduzione delle facoltà con fusioni, bilanci trasparenti e lo stop ai precari a vita.
Anticipando i tempi, il Senato Accademico dell’Università di Palermo approva la “cura dimagrante” per i suoi ottanta dipartimenti, stabilendo che debbano avere almeno 40 docenti e togliendo autonomia finanziaria a quelli con meno di dieci ricercatori attivi (coloro cioè che svolgono attività scientifica) e alle “micro-strutture” con meno di 15 docenti.
Drastica svolta anche per i centri interdipartimentali che vengono esclusi da trasferimenti provenienti dal bilancio universitario e dovranno essere finanziariamente autonomi pena la disattivazione. Una riorganizzazione che il rettore Roberto Lagalla definisce storica: “L’Università di Palermo – dice – prima con il ridimensionamento dei corsi di laurea, adesso con la riorganizzazione dei dipartimenti, sta concretamente dando seguito alla necessità del sistema accademico italiano di essere più efficiente, più legato alle reali esigenze formative e di ricerca del territorio, di contenere le spese in un’ottica di razionalizzazione. I dipartimenti si accorperanno naturalmente in aree di ricerca tra loro convergenti, cosa che potrà peraltro favorire lo scambio di conoscenze interdisciplinari, con l’abbattimento di steccati culturali che oggi non hanno alcun senso”.
I dipartimenti con meno di 40 componenti saranno disattivati entro il 31 dicembre 2010, senza proroghe. I dipartimenti con meno di 15 docenti universitari e quelli, anche più grandi, con meno di 10 ricercatori attivi, avranno due mesi di tempo – scadenza il 31 dicembre 2009 – per riorganizzarsi secondo le nuove norme, altrimenti subiranno, già per il 2010, la decurtazione del 50 per cento del finanziamento ordinario e non potranno proporre master, dottorati di ricerca e progetti per assegni di ricerca. Perderanno autonomia amministrativa, con il passaggio della gestione alla sede centrale. Drastica svolta anche per i centri interdipartimentali, che resteranno in piedi soltanto se in grado di autofinanziarsi. Una commissione nominata dal Senato accademico provvederà, entro il 31 marzo 2010, a valutarne i risultati raggiunti in termini di attrazione di risorse esterne e di produzione scientifica: se risulteranno non attivi saranno aboliti entro il primo novembre 2010.
Dal 1 gennaio 2011 saranno esclusi da trasferimenti provenienti dal bilancio universitario, saranno soggetti a verifica biennale dell’attività e potranno reclutare ricercatori, assegnisti, e dottorandi solo attraverso risorse interamente esterne. è questo un bell’esempio che diamo a tutta la Nazione poiché è arrivato il tempo di porre un freno al proliferare di sedi universitarie e corsi di laurea. Le sedi universitarie in poco tempo sono quadruplicate. I corsi di laurea, alcuni attivati con quattro o cinque studenti, hanno superato in Italia le 5.000 unità, le piante organiche del personale non docente in molti atenei sono esplose, i docenti ordinari ed associati sono diventati il doppio dei ricercatori.
All’orizzonte il quarto polo universitario siciliano
PALERMO – La proposta che sarà attuata a breve è la fusione tra l’Università Kore di Enna e i Consorzi Universitari sparsi nell’Isola ad Agrigento, Caltanissetta, Siracusa e Ragusa che permetterà di creare il quarto polo universitario autonomo siciliano. Ma la drastica riduzione dei corsi si è già realizzata anche per l’Università di Catania ed ha interessato le sedi distaccate di Siracusa dove i corsi di laurea sono diminuiti da undici a tre e forse resterà in piedi solo la facoltà di Architettura. A Ragusa, il Consorzio Universitario Ibleo gestirà solo le facoltà di Giurisprudenza, Agraria e Lingue e letteratura straniera e a Modica restano attivi i corsi riconducibili alla facoltà di Scienze Politiche. Il presidente del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Universitario Ibleo, Giovanni Mauro, ha affermato che realizzando il quarto polo universitario “potremo attingere alle risorse economiche del Ffo, il fondo di finanziamento nazionale, che ci permetterebbe di avere dei trasferimenti economici e di ridurre le spese per gli stipendi, inoltre ci permetterebbe di attuare in pieno la riforma universitaria andando a scindere gli aspetti della didattica da quelli amministrativi, quest’ultimi demandati alla fondazione da andare a creare, con la possibilità di attrarre capitale privato, pur mantenendoci all’interno di iniziative accademiche di grande spessore. Si darà insomma la possibilità di investire dal punto di vista pubblico e privato, consentendo una qualificazione dell’offerta”.