Rifiuti, finiremo come in Campania

PALERMO – Il rischio di finire come la Campania è molto serio, anche se l’annuncio del nuovo piano vuole proprio sopperire alla situazione molto grave.
L’elenco di criticità stilato dal ministro non rappresenta affatto una novità nell’ambito isolano, ma che l’allarme avvenga direttamente da un così alto profilo istituzionale appare una importante presa di coscienza che sembra l’ideale continuazione delle critiche espresse dalla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Proprio quest’ultima, in Sicilia lo scorso settembre, aveva elencato i medesimi fattori a rischio. “In Sicilia non ci sono termovalorizzatori, le capacità di raccolta delle discariche stanno per esaurirsi, Ato e Comuni sono in difficoltà economiche, con un debito complessivo di un miliardo di euro, la criminalità organizzata è presente – ha osservato Gaetano Pecorella, senatore del Pdl e presidente della Commissione – mi sembra che davanti a questa situazione è difficile dire che c’è normalità”.
 
Ma andiamo con ordine. L’allarme sulla differenziata era già stato lanciato anche da Mario Milone, che in occasione del dibattito sulla riforma del sistema Ato isolano aveva ribadito l’urgenza di puntare sulla differenziata. “In Sicilia si avverte la necessità di un programma per rilanciare la raccolta differenziata che continua a trovarsi al di sotto del 10% con distacchi paurosi rispetto le altri regioni italiane”. Il livello regionale, secondo i dati del ministro, si ferma addirittura al 6%, secondo l’ultimo rapporto 2008, ed “è a macchia di leopardo”. In alcune realtà del messinese il servizio di raccolta differenziata è addirittura scemato dall’introduzione delle Ato, come ad esempio, secondo dati Legambiente, -2% a Capo d’Orlando, -1% S. Agata di Militello, – 1,2% Tortorici, invece che produrre l’effetto contrario.
Proprio la questione Ato, la cui malandata gestione ha causato circa un miliardo di debiti, rappresenta un passaggio essenziale per uscire da quella che si paventa già come una seria emergenza rifiuti.
A fine luglio scorso la Regione ha, infatti, dovuto sborsare 21 milioni di euro per salvare l’Ato Caltanissetta 2 (2,824 milioni di euro), l’Ato Messina 1 (5,746 mln), l’Ato Messina 2 (2 mln), l’Ato Catania 3 – Simeto Ambiente (4 mln) e l’Ato Enna 1 (6,473 mln). L’esigenza di una riforma è stata uno dei punti di forza dell’assessore Mario Milone, che già qualche settimana dopo il suo insediamento ha parlato di “puntare ad una politica di rigore e trasparenza, tra le novità principali possiamo annoverare la riduzione delle Ato che passeranno da 27 a 9, più uno probabilmente per le isole minori”.
A fronte di un sistema davvero alla sbando la questione discariche nell’Isola è giunta fino all’Unione, che già sin da 2007 aveva condannato l’Italia, e quindi anche la Sicilia, ad adottare le misure necessarie per mettersi a norma. Basti pensare che metà delle 51 discariche illegali rilevate tra il 2001 e il 2003 in Italia si trovava nell’Isola, mentre esistono ancora oggi circa 90 discariche definite tali.
L’assenza della piena attuazione del Piano viene denunciata da tempo e con forza anche dagli ambientalisti isolani che sulla questione delle discariche lamentano anche l’assenza di adeguate strutture per lo smaltimento dell’amianto, un’altra delle gravi emergenze in Sicilia visto che per smaltire il pericoloso minerale, che provoca nuovi 80 casi di mesotelioma all’anno, occorre spostarsi fino in Calabria.
“La Regione Sicilia ha avuto dalla Comunità europea 130 milioni di euro per avviare il Piano regionale rifiuti – ha spiegato Enzo Parisi, Legambiente Sicilia – e visto che una parte consistente di questi soldi, destinati alla promozione della raccolta differenziata, non sono stati spesi, ci chiediamo perché non si avviino opere di impiantistica per fronteggiare questa emergenza”.