L’altro polo in guerra non dichiarata è il Mediterraneo. Una guerra di carne umana che trafficanti, banditi e delinquenti alimentano ogni giorno.
Vi è guerra in Libia tra il governo islamico di Tripoli e quello riconosciuto di Tobruk. In quel Paese di sei milioni di abitanti, si contano oltre 150 tribù tutte in lotta fra loro. In Egitto, dopo la legge antiterrorismo fatta approvare dal presidente Al Sisi il 17 agosto, gli attentati si susseguono perché i cattivi islamici che costituiscono una minoranza, in nome di Allah vorrebbero riprendere il potere, come fecero qualche anno fa.
La Palestina non riesce a capire che riconoscendo Israele, potrebbe avviarsi un periodo di pace e prosperità, mai conosciuto. Però, vi sono i seguaci di Al Fatah che amano la guerra per la guerra.
Il disastro della Siria, che ha riflessi sul Mediterraneo, non si riesce a controllare. Né il presidente turco Erdogan riesce a trovare una soluzione per dare un territorio ai curdi, che sono frazionati in diverse nazioni, ma costituiscono un popolo di quaranta milioni di persone, che avrebbe diritto ad un territorio, come nel 1948 fu assegnato quello attuale a Israele.
Nel Polo Artico vi è la guerra non dichiarata per l’energia. Nel Polo Mediterraneo vi è la guerra non dichiarata per i migranti. I due poli andrebbero trattati con buon senso, per ricondurre a ragionevolezza nel primo caso i contendenti e, nel secondo, caso tutti coloro che cercano disperatamente di sfuggire a persecuzioni, malattie e guerre.
I due poli sono distanti decine di migliaia di chilometri, hanno problemi diversi ma entrambi gravi. La parte più avanzata dei paesi è egoista, pensa a sé stessa e non a come risolvere sostanzialmente i problemi che stiamo esaminando.
E si capisce la ragione. Ogni nazione ricca si dovrebbe privare di una parte delle sue sostanze per darle a quei paesi che ne hanno bisogno. Invece, avviene il contrario: nei paesi poveri ma dotati di ricchezze naturali come minerali ed energia, le società occidentali comprano tutto ciò che vi è di buono e mantengono nella povertà quelle popolazioni.