CATANIA – Un’indagine svolta dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti che avvalendosi sia della banca dati Siquel e dei dati raccolti dalle Sezioni regionali di controllo, è stata condotta nell’ambito della verifica del rispetto degli equilibri di bilancio degli enti proprietari e della valutazione dei piani operativi di razionalizzazione delle partecipate previsti dalla legge di stabilità 2015.
I risultati economici e finanziari, effettuati sui servizi affidati e sulle modalità di affidamento hanno riguardato 4.935 organismi sui 7.684 risultanti fino al 19 giugno 2015 dei quali sono presenti a sistema i dati di bilancio relativi all’esercizio 2013. La maggior parte del valore della produzione di tali società municipalizzate (il 71,35 % dell’importo complessivo) scaturisce dalle attività relative ai servizi pubblici locali, nonostante sia prodotto da un numero limitato (35,72% del totale) di organismi.
L’indagine mette a confronto i risultati conseguiti dagli organismi interamente pubblici (n. 1.782) con quelli del totale esaminato (n. 4.935).
Tra le 4.935 partecipate osservate 142, pari al 2,88% del totale campione esaminato, sono controllate da enti pubblici siciliani. Da tali partecipate scaturiscono 581 partecipazioni dirette delle quali solamente 6 si riferiscono a partecipazioni in enti con sedi legali in altre Regioni (precisamente tre in Veneto, due in Lazio e una in Calabria).
Dall’analisi del personale delle partecipate presenti nel campione, risulta che questi in Sicilia possiedono ben 16.826 dipendenti, secondi solo alla Regione Lombardia, che ne registra 24.086. Interessante è l’analisi dell’indicatore valore della produzione per dipendente, che relega la Sicilia all’ultimo posto per produttività/dipendente: paragonando il dato siciliano a quello lombardo, ad esempio, emerge che il valore di quest’ultimo della produzione/dipendente è pari a più di sei volte di quello siciliano (197.373 il primo, 30.218 il secondo).
Più rassicurante è invece il livello di indebitamento degli enti analizzati, rispetto al quadro nazionale: in Sicilia si registra un totale di crediti pari a 1.972.096.046 euro, un totale di debiti pari a 2.045.154.955 euro. Per quanto riguarda le società a partecipazione interamente pubblica si riscontrano i seguenti dati: 752.444.113 euro di crediti e 767.144.311 euro di debiti. Paragonando la nostra Regione al dato aggregato, che porta uno squilibrio quasi doppio (83.832.332.715 euro di debiti e 42.242.356.267 euro di crediti), possiamo riscontrare che il dato siciliano risulta migliore rispetto alla media.
A livello aggregato, si registra una netta prevalenza degli organismi in utile anche per quanto riguarda quelli interamente pubblici. Tuttavia, in alcune regioni le perdite d’esercizio risultano in larga misura superiori agli utili, al netto delle imposte. Si tratta del Piemonte, dell’Umbria, del Lazio, dell’Abruzzo, del Molise, della Campania, della Calabria e della Sicilia (gli enti siciliani registrano 11.519.911 euro in utile e 13.912.828 euro in perdita). Anche con riferimento al complesso degli organismi osservati, nelle stesse regioni, ad esclusione del Piemonte, si rileva una prevalenza delle perdite sugli utili, seppure meno accentuata.
Infine, analizzando i costi del personale emerge che essi incidono a livello aggregato, sul totale costi, per il 21,83%. Tale dato aumenta fino a raggiungere il 28,28% nell’analisi delle aziende a totale partecipazione pubblica. Entrando nel dettaglio dei dati emersi dalle “meridionali” il dato si fa alquanto sconcertante, poiché si discosta notevolmente dal dato medio aggregato. In Sicilia, ad esempio, il rapporto costi per il personale/totale costi è pari al 39.62% per il totale del campione e sale fino a più del 50%(per l’esattezza 53.01) sul dato delle aziende a sola partecipazione pubblica.
Squitieri: “Ripetute proroghe e rinnovi nell’attività negoziale pubblica alterano la concorrenza”
Riportiamo alcuni estratti dalla relazione del presidente della Corte dei Conti nazionale, Raffaele Squitieri, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario il 10 febbraio 2015:
“Nella condizione attuale, diverse esigenze devono contemperarsi nella gestione delle finanze pubbliche: da una parte, la necessità di contenimento del deficit, che deriva dalla presenza di un elevato debito pubblico, prima ancora che dalla necessità del rispetto delle regole europee; dall’altra, la funzione stabilizzatrice del bilancio, che, di fronte al protrarsi della recessione, richiede interventi di attento dosaggio delle manovre di entrata e di spesa”.
“Solo un contesto istituzionale segnato da legalità, buona e contenuta legislazione, regolazione efficace delle attività economiche, pubblica amministrazione efficiente ed un “Servizio Giustizia” celere ed erogatore di tutele effettive, è in grado di favorire l’imprenditorialità e di rimuovere le rendite di posizione e le restrizioni alla concorrenza. Di qui l’esigenza, assoluta, di assicurare trasparenza e regolarità nelle varie gestioni, attraverso procedure pubbliche che garantiscano un’effettiva parità di posizione tra tutti gli operatori”.
“Ritengo, al riguardo, negativo il fenomeno, diffuso, delle ripetute proroghe e rinnovi nell’importante settore dell’attività negoziale pubblica atteso che l’affidamento per periodi lunghi allo stesso soggetto di opere, servizi o forniture non sempre risulta corrispondere a canoni di efficienza, trasparenza ed economicità, anche generando, alterazioni del regime concorrenziale, sempre più, peraltro, tutelato dal diritto comunitario”.