Aggregazione, ricerca e supporto dalle istituzioni per fronteggiare la crisi agrumicola in Sicilia

PALERMO – Giornata positiva per il comparto agrumicolo siciliano, che grazie al Distretto Agrumi di Sicilia, si è riunito al Mipaaf, per definire le linee guida per migliorare il settore, che è composto da circa 42mila aziende, 84mila addetti diretti e 504mila nell’indotto e che, contribuisce in modo significativo al Pil dell’Isola, regione con maggior produzione agrumicola.
L’agronoma e presidente del Distretto, Federica Argentati, ha espresso la necessità di avere attenzione da parte del Governo per “individuare le priorità delle imprese, favorire partnership e progetti di filiera volti allo sviluppo e alla cura del territorio. Grazie al Distretto – ha specificato l’Argentati – si sta compiendo un percorso di crescita culturale e di coesione sul e per il territorio. Oggi, l’imprenditore non è piú solo, ma in una rete che lavora con le istituzioni, perché le nostre potenzialitá sono molteplici, ma alcune inespresse. Da Roma può ripartire il Sud, per far riparte l’Italia intera”.
Presenti all’incontro il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe Castiglione e l’assessore regionale all’agricoltura, Rosaria Barresi, Agrinsieme con Rosa Giovanna Castagna, Alessandro Chiarelli per Coldiretti, Vilfredo Rajmo (Associazione industrie agrumarie del C.L.A.M), Corrado Vigo, presidente dell’Ordine degli agronomi siciliani e Salvo Laudani per Fruit Imprese.
Laudani ha espresso la necessità di contrastare la tristéza, definendola “una calamità da affrontare con strumenti straordinari, capaci di attivare il necessario avviamento del processo di riqualificazione degli agrumeti. Occorre una task force che valuti rapidamente le richieste di intervento e le attui. Per far ciò basterebbe lavorare con costi standard, stabiliti per ettaro di agrumeto da riqualificare, per evitare tempi lunghi di esitazione delle singole richieste. Nel 2013 è stato mostrato alla DG Agri lo stato di distruzione che tristéza sta causando alle nostre produzioni di agrumi, ma si è ottenuto solo un provvedimento di circa 800.000 euro per i soli controlli, e nessuna risorsa straordinaria è stata stanziata per gli interventi. Tutto ciò – continua il presidente di FruitImprese Sicilia – favorisce i competitor, come la Spagna che ha anche costi minori di trasporto, energia, lavoro.
Bisogna eradicare le piante infette e sostituirle con altre su portainnesti tolleranti al virus. Ciò consente anche di rimodernare la nostra agrumicoltura, mettendo a dimora nuove varietà, precoci e tardive, frutto della ricerca CRA e Digesa (UniCatania). La Tristèza minaccia la produttività e la buona qualità del prodotto italiano, e se continuiamo a non agire, si rischia di perdere quote anche sul mercato nazionale”.