La rinascita siciliana passa dalle opere

PALERMO – Lavoro e infrastrutture sono le criticità, non di recente acquisizione, che hanno orientato il dibattito siciliano in questi ultimi giorni. Merito di due aggiornamenti: da una parte il dato più basso dell’occupazione ottenuto dall’Isola a livello europeo, che si aggiunge ad altri numeri poco edificanti pubblicati nei giorni scorsi nell’”Eurostat regional yearbook 2015”; e dall’altra le pericolose zone di conflitto tra dissesto e infrastrutture, un’emergenza ribadita con vigore dalla frana sulla A18 e dall’inondazione di Milazzo. Eppure proprio da questi due punti fragili si potrebbe ripartire.
C’è un piano della Regione molto ambizioso che vale 28 miliardi di euro. È stato realizzato da tecnici dell’assessorato Infrastrutture e presentato ad agosto al governo Renzi in vista della redazione del cosiddetto “masterplan per il Sud”. Un piano non ancora completamente definito, anche se il governo ne aveva preannunciato lo svelamento per la fine di settembre, e che potrebbe tornare alla ribalta nei dintorni temporali della legge di Stabilità in arrivo giovedì in Consiglio dei ministri. Il documento della Regione avrebbe al momento una copertura assai più blanda della richiesta, tra 4 e 5 miliardi miliardi di euro, e comunque già sufficiente per avviare una prima azione di maquillage per le infrastrutture isolane.
Un’azione del genere produrrebbe un duplice beneficio perché, accanto all’ovvia constatazione della realizzazione di un migliore tessuto relativo a strade e ferrovie e al potenziamento di porti e aeroporti, si andrebbe a pescare nell’altra grande emergenza regionale che è, appunto, il mercato del lavoro. Il recente rapporto Eurostat ha stimato che il tasso di occupazione in Sicilia delle persone tra i 20 e i 64 anni (42,4% nel 2014) è il più basso di tutte le regioni europee. Un dato che allontana l’Isola dall’Europa e dall’Italia, visto il divario di oltre trenta punti che esiste con l’area col il tasso di occupazione più alto (Bolzano, al 76,1%). Ma sono anche gli altri i numeri che posizionano l’Isola nella fascia più bassa delle regioni europee: la variazione del tasso di occupazione tra il 2009 e il 2014, il tasso di persone più anziane occupate (55-64 anni), il tasso di disoccupazione e il prodotto interno lordo. A incidere in maniera negativa nella valutazione dei valori economici regionali diffusi dall’Eurostat, c’è anche il contributo del settore delle costruzioni che vede l’Italia, così come l’Europa, colorarsi di quattro-cinque velocità differenti che vanno dalle tonalità del verde per tendenze migliori a quelle marroni per le peggiori. La Sicilia si colloca proprio in queste ultime. 
Quale migliore occasione? Le risorse potenzialmente disponibili, che dovrebbero ammontare a 5 miliardi di euro, dei quali ben 4 sarebbero destinati all’assetto stradale, potrebbero produrre migliaia di posti di lavoro. Il calcolo è stato realizzato dal Cresme, sulla base dei dati della Relazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), che ha stimato 290 milioni di euro di forza lavoro per ogni miliardo investito. In numeri si tratta di 7.800 posti di lavoro diretti che potrebbero superare i 15mila considerando anche l’indotto. Per l’Isola, pertanto, non si tratta soltanto di costruire e mettere in sicurezza – il caso del viadotto Himera e della frana sulla A18 costituisco la parte più eclatante e mediatica del problema – ma di inserire alla voce occupati tra 39mila (diretti) e 78mila (con l’indotto) unità per i primi cinque miliardi di investimenti.