Rifiuti ed energia, niente scuse per la Sicilia

PALERMO – Almeno sui rifiuti il governo isolano sembra avere le idee chiare. L’assessore Vania Contrafatto, che l’ha ribadito ieri, l’aveva anticipato al QdS alla fine di settembre: la Regione vorrebbe attuare un piano con sei impianti per la valorizzazione energetica del rifiuti, così come proposto in sede di conferenza Stato-Regioni, con dimensioni ed emissioni più contenute rispetto ai due da 700mila tonnellate di rifiuti all’anno proposti da Roma nello schema di decreto inviato a luglio. Tutto necessario per avviare un sistema di gestione che si allontani da quel mostruoso 90% di conferimento dei rifiuti in discarica e si avvicini alle più elementari regole europee sancite nella gerarchia di gestione: prevenzione, riuso, riciclo, recupero di energia e infine discarica. In Sicilia questa gerarchia non è soltanto rovesciata, ma ha un unico padrone: la discarica, appunto. 
“Nessuno ha previsto la costruzione di 12 termovalorizzatori in questo Paese. Abbiamo fatto solo una ricognizione. Se le Regioni mi dimostrano che non servono, ma con atti, io sarò il primo a non farli”. Lo ha detto due giorni fa il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti al question time in Aula al Senato. Il ragionamento, almeno a Roma, è sufficientemente chiaro: “lo dico con chiarezza non sono un amante dei termovalorizzatori – ha proseguito il ministro – ma odio fortemente la discarica: allora o le Regioni mi vengono a dimostrare ma con atti già formalizzati e che possono essere messi in pratica subito che non hanno bisogno della termovalorizzazione o io andrò avanti con la facoltà che mi concede l’art.35 (dello Sblocca Italia, ndr)”. Il riferimento, dati alla mano, è proprio per la Sicilia che in effetti difficilmente potrà dimostrare di non averne bisogno con la sua raccolta differenziata che gravita al 10%, senza peraltro possedere un impianto per la valorizzazione energetica del rifiuto che resta una condizione imprescindibile per chiudere il ciclo. 
Lo ha spiegato benissimo l’assessore Vania Contrafatto, intervistata dal QdS un paio di settimane fa, precisando che “non tutti i rifiuti sono riciclabili e smaltibili”. L’alternativa è di continuare a sotterrare questa porzione in “discarica, inquinando la terra e riempiendo la Regione di immondizia, oppure la valorizziamo ottenendo in cambio energia elettrica”.
 
Del resto stiamo parlando, ricorda l’assessore, di strutture che “non hanno nulla a che fare con gli inceneritori di un decennio fa: sono impianti moderni, a basso impatto ambientale, poco inquinanti e rispettosi del territorio”. Gli impianti previsti sarebbero sei: due per Catania e Palermo e gli altri quattro nel messinese e, ancora, nei bacini Ragusa-Siracusa, Enna-Caltanissetta e Agrigento-Trapani. Impianti da realizzare secondo il principio di “prossimità, che eviti cioè di costringere i camion pieni di immondizia a percorrere centinaia di chilometri ogni giorno e permetta la creazione di piattaforme integrate”. Un confronto comunque ancora in corso, visto che “non appena il Piano sarà definito, tutti avranno la possibilità di fare le osservazioni che riterranno più opportune. Non c’è ancora una individuazione dei siti, che passerà dal confronto con tutti i soggetti interessati”. Il M5S fa sapere che “alzerà le barricate” contro la costruzione degli impianti. Finora non ne ha eretto neanche una contro le discariche.
Anche Luigi Nicolais, presidente del Cnr, aveva ripreso il tema durante un recente forum al QdS. “La questione delle discariche fa il paio con ideologie che non sono più moderne. Incatenarsi ad un termovalorizzatore solo per dire no, ad esempio, è una cosa stupidissima. Quando nasce un termovalorizzatore occorre invece chiedere continue analisi, il problema nasce infatti solo se il sistema non funziona, altrimenti l’impatto è minimo. Si parla tanto di diossina, che non esiste più perché si lavora in un range di temperature in cui la diossina non riesce a sopravvivere”.