Ognuno di noi si pone l’interrogativo: come fare a liberarsi dai bisogni? La risposta è semplice: non avere bisogni, ovvero ridurli al minimo.
Quanta gente si affanna, si affatica, non solo fisicamente ma anche mentalmente, per avere più risorse, più disponibilità finanziaria, più di tutto, perché in tal modo può soddisfare bisogni vacui? Un’uggia, una noia, un tedio che arreca irrequietezza.
Quanto sarebbe meglio se pensasse a leggere, dai presocratici a Socrate (470 a.C./469 a.C. – 399 a.C.), e più di recente a Giovanni Pico della Mirandola (1463 – 1494), a Thomas More ( 1478 – 1535), a René Descartes (1596 – 1650), a Voltaire (François-Marie Arouet 1694 – 1778), a Immanuel Kant (1724 – 1804) e via enumerando. E leggere i settantatre libri della Bibbia, i quattro Vangeli ufficiali e gli otto Vangeli apocrifi.
Insomma, leggendo quanto precede, si comincerebbe ad avere una benché minima conoscenza della Natura, dell’Universo, del rapporto fra la vita e la cessazione del corpo, e la consapevolezza della temporaneità di tutte le cose che facciamo.
Anche i grandi di tutti i tempi sono stati livellati dalla morte e, quando erano in vita, dal gabinetto.
Dunque, avere pochi bisogni è il primo requisito per liberarsi dai bisogni. è proprio il sacrificio di tante famiglie umili che fa uscire personaggi importanti, i quali non dimenticano mai di avere vissuto in ambienti dove c’era fame e i componenti della propria famiglia sempre dediti al sacrificio e ad accontentarsi del poco, lottando per un futuro migliore.
È giusto che, attraverso la solidarietà, si sostengano i disabili, coloro che non possono farcela da soli. Ma non è giusto dare sussidi a pioggia e incentivare a non lavorare, a non crescere, a non fare tutto il possibile ed anche l’impossibile per migliorarsi.
Gli italiani del dopoguerra, col Paese distrutto economicamente e socialmente, sono un fulgido esempio di come si fa per crescere. Gli italiani degli ultimi trent’anni – invece – sono un fulgido esempio di come si fa ad essere egoisti, saccheggiare il presente e scaricare sulle seguenti generazioni debiti ed oneri di ogni tipo.
Riflettiamo sul modo di vivere e su come, accontentandoci di poco, possiamo fare il bene di tutti. Servire non è uno slogan, ma un modo di esistere.