La filosofia alla base della norma giuridica – il riferimento è al decreto legislativo 159 del 2011, all’articolo 94 comma 3 – recita: “I soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”.
Ovvero, proprio quella di evitare l’interruzione di un’opera pubblica importante quanto questa è ormai alle fasi conclusive.
Esattamente il caso – per citare soltanto il caso catanese, ma la Tecnis ha cantieri sparsi un po’ ovunque – della realizzazione della tratta di linea metropolitana che dalla stazione Borgo a Nesima, la cui consegna era prevista per il mese di giugno dell’anno prossimo.
Come si può immaginare di interrompere un’opera fondamentale per la viabilità cittadina, giunta quasi al termine, con la conseguenza immediata di lasciare la città sventrata in più punti?
Ma il discorso particolare di Catania è valido anche per gli altri cantieri della Tecnis sparsi in Sicilia, del valore complessivo di circa oltre 170 milioni di euro – come l’anello ferroviario e i lavori per la rete fognaria di Palermo, ad esempio – che, nonostante non siano ancora in fase iniziale o comunque non così avanzati, rappresentano lavoro e speranza per questa terra che ha bisogno di tutto fuorché di veder bloccato quel poco che porta reddito e che smuove l’economia, oltre al valore dell’infrastruttura in sé.
Per questo, fatto salvo il codice antimafia, occorre che il Prefetto commissari il Consiglio di amministrazione di Tecnis e garantisca, così, la prosecuzione delle opere pubbliche, che mantenga i livelli occupazionali (solo a Catania le persone che vi lavorano sono circa 400) e, soprattutto, che mantenga un barlume di speranza per i siciliani onesti.