Il lavoro nero regna incontrastato. Niente controlli e norme “dubbie”

PALERMO – Niente controlli, pochissimi ispettori, norme che non aiutano nemmeno i già derelitti ispettorati. Benvenuti in Sicilia dove lavoro nero, caporalato e morti bianche oramai vanno da tempo immemorabile a braccetto e sembra proprio che questo legame non riesca per nulla a essere anche solo lontanamente scalfito. C’è un po’ di tutto nelle difficoltà tipicamente siciliane di controllare il sommerso, piaga che sfocia non solo nell’evasione e quindi nel depauperamento economico di un tessuto economico e produttivo, ma anche nel problema dei decessi nei luoghi di lavoro.
Dove non ci sono regole non ci può sicuramente essere un luogo sano dove potere lavorare. “In Sicilia, ancor più che in altre regioni italiane, celebriamo la sconfitta delle regole e della legalità. Il numero delle morti bianche cresce a dismisura, appena qualche giorno fa due operai sono deceduti mentre stavano lavorando. E le istituzioni restano a guardare questo dramma che sta assumendo le dimensioni di un eccidio silente” sono le parole forti di Antonino Cirivello, segretario generale della Filca Cisl Palermo-Trapani e Santino Barbera, segretario generale di Filca Cisl Sicilia, che puntano l’indice contro l’assenza di controlli.
“L’aumento del lavoro nero, piaga legata alla grave crisi dell’edilizia, si traduce in assenza di regole sulla sicurezza sul lavoro – aggiungono Cirivello e Barbera – di contro, gli enti preposti alla vigilanza sono stati spogliati di mezzi e personale e non si intravedono all’orizzonte possibili investimenti. Con quali armi le istituzioni intendono combattere le morti bianche? Le parole che sentiamo ripetere da anni sono rimaste sempre lettera morta”. In questo contesto di incertezza e rabbia la Flai-Cgil Messina si è apertamente schierata contro il lavoro in nero. Qui, dopo che il sindacato ha fatto tappa anche in altre province come Palermo e Trapani, avranno inizio a stretto giro di posta le iniziative per contrastare il lavoro illegale stabilite durante un’apposita riunione nella sede Cgil di Barcellona. Una serie di incontri informativi e volantinaggio per fornire sostegno e assistenza ai lavoratori impegnati nelle attività agricole-vivaistiche.
 
A Catania si è costituita una rete contro il lavoro nero e sommerso. L’ufficialità di questa “fusione” è avvenuta nei giorni scorsi nella Sala Refettorio del Cortile Platamone: a farne parte sono i protagonisti del settore pubblico e privato del turismo, dalle associazioni imprenditoriali ai sindacati, alle sigle sociali cattoliche. Tra queste l’Acli che ha posto un problema nodale: “Uno dei problemi più difficili da risolvere in termini di lavoro nero è di certo la mancata semplificazione delle norme – ha evidenziato il vice presidente nazionale Acli, Santino Scirè -: leggi che spesso non agevolano coloro che volessero rimettersi in regola. Siamo però altresì consapevoli, di contro, che i casi di recidiva di lavoro in nero vadano puniti ben oltre la semplice multa, persino arrivando a soluzioni estreme coma la confisca del bene stesso”.
 

 
L’informazione per superare i problemi
 
“Vogliamo essere quanto più vicini possibile a tutti i lavoratori per fornire diritti e assistenza in modo efficace e tempestivo. Il sindacato è impegnato ormai da tempo a livello nazionale in una campagna capillare contro condizioni di lavoro precarie e illegali. Agire contro il caporalato è un’azione necessaria e indispensabile”. Queste le parole del segretario generale della Flai di Messina, Giovanni Mastroeni. “Turismo ed agricoltura – ha aggiunto Scirè – spesso vanno a braccetto e insieme dovrebbero poter lavorare in un contesto dove tutti gli attori, istituzionali e non, facciano rete, collaborino insomma per trovare soluzioni pratiche si rilancio dell’economia di settore, eliminando al massimo lo sfruttamento. Con il presidente di Federalberghi, ad esempio, stiamo trovando un filone di scambio molto interessante. Prossimo obiettivo: rivedersi e provare ad agire su obiettivi a breve termine”. Un altro triste primato per la Sicilia è proprio il maggiore sfruttamento dei lavoratori. A dirlo è il rapporto “Terra ingiusta” dell’associazione ‘Medici per i diritti umani’. Agricoltura ed edilizia i settori più a rischio, quelli in cui resiste ancora la triste piaga del caporalato.