Città ecosostenibili: ampio il divario tra Nord e Sud

In testa ancora Verbania, Trento e Belluno, Il titolo di città ecosostenibili va a loro. Senza alcuna sorpresa.
Dal dossier Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 , emerge un Paese fermo, dove è marcato il divario tra Nord e Sud.
 
Nel complesso, i protagonisti delle performance migliori sono i piccoli capoluoghi tutti al di sotto degli 80mila abitanti (Verbania, Belluno, Macerata, Oristano, Sondrio, Mantova, Pordenone) oppure le solite Trento e Bolzano, centri di medie dimensioni (con abitanti compresi tra 80mila e 200mila), e soltanto una grande città: Venezia. In testa c’è prevalentemente il nord del Paese assieme con due città del centro Italia, entrambi piccoli centri, la marchigiana Macerata e la sarda Oristano. Le peggiori invece (le ultime cinque) sono tutte città del meridione, tre grandi e due piccole: la calabrese Vibo Valentia (101) e le siciliane Catania (100), Palermo (102), Agrigento (103) e Messina (104). La prima, si fa per dire, siciliana in classifica è il capoluogo di Ragusa (74), seguita da Enna (76) e Trapani (87).
Chiude la classifica il capoluogo di Messina.
Città ingessate, statiche e pigre. Aree urbane che arrancano e faticano a rinnovarsi in chiave sostenibile ed essere culle di una rigenerazione urbana capace di migliorare la qualità dei singoli e della comunità. Secondo Legambiente,  passi avanti fatti fino ad ora sono, infatti, troppo pochi: se da una parte nelle città italiane si registrano lievi eco-performance soprattutto sul fronte della raccolta differenziata, delle energie rinnovabili e si assiste ad un lieve calo degli sforamenti nelle concentrazioni di NO2, di PM10 e di ozono grazie anche a condizioni metereologiche favorevoli alla dispersione degli inquinanti; dall’altra parte manca, invece, il coraggio e la voglia di puntare sulla mobilità nuova per uscire dalla morsa di traffico e smog e sugli eco-quartieri per rigenerare le periferie e rilanciare il patrimonio edilizio.
Anche quest’anno, sono 18 gli indicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi idrici domestici, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). In questa edizione sono due su diciotto gli indicatori selezionati per la classifica finale (incidenti stradali e consumi energetici domestici) che utilizzano dati pubblicati da Istat.
Soltanto a Bolzano le politiche di mobilità sono riuscite a limitare gli spostamenti motorizzati privati al di sotto di un terzo degli spostamenti complessivi, mentre in 46 città questa percentuale supera ancora il 50%. Tra le grandi città spicca solo Venezia che cresce ancora (629 viaggi per abitante annui, erano 592 l’anno passato) mentre Catania, Messina, Palermo e Taranto non raggiungono i 50 viaggi per abitante all’anno.
Dodici (erano 16 lo scorso anno) invece le città nelle quali le perdite idriche sono superiori al 50% (Bari, Cagliari, Catania, Catanzaro, Cosenza, Frosinone, Grosseto, Latina, Matera, Palermo, Rieti, Salerno).
 C’è almeno un capoluogo siciliano tra quelli con le performance peggiori negli indicatori presi in considerazione: Agrigento per le polveri sottili e l’ozono,Siracusa, Enna, Caltanissetta e Palermo per la raccolta differenziata (nessuno arriva la 10%), Ragusa ed Agrigento per il car sharing, Agrigento, Enna, Caltanissetta per le piste ciclabili. SI salvano Enna, Agrigento, Caltanissetta per la qualità dell’aria.