Minieolico, in Sicilia è stato ghiacciato

PALERMO – Che confusione, sarà perché è eolico. Lo scorso novembre, la legge regionale 29/2015 (Norme in materia di tutela delle aree caratterizzate da vulnerabilità ambientale e valenze ambientali e paesaggistiche) era stata salutata come la migliore risposta politica al moto popolare di rivolta contro l’energia del vento, visto che negli ultimi anni gli scandali finanziari avevano travolto il mito del grande eolico che aveva avuto una certa fortuna durante il governo Cuffaro. Così non è stato, perché, alla fine, con l’acqua sporca adesso si rischia di buttare anche il bambino.
Fatta la legge, scoppiata la protesta. Alla fine di novembre un comunicato del Cpem (Consorzio produttori energia da minieolico) inaugurava l’attacco alla normativa della Regione. Il Consorzio faceva riferimento all’articolo 1 della legge (aree non idonee all’installazione di impianti eolici) che riportava, nell’ottica della definizione della cartografia, “particolare riferimento” alle aree che “presentano vulnerabilità ambientali, individuate in quelle per le quali è stato apposto il vincolo idrogeologico”, oppure “caratterizzate da pericolosità, perimetrate nei piani di assetto idrogeologico”, e ancora beni paesaggistici, particolare pregio ambientale, parchi e riserve naturali, pregio agricolo, vincolo paesaggistico.
In attesa del decreto del governatore Crocetta, che avrebbe dovuto fissare i paletti della nuova cartografia isolana, il timore degli operatori si palesava nell’evidenza che per gli impianti superiori ai 20 kW di fatto si prevedeva l’impossibilità di essere presenti su circa l’80/90% del territorio isolano (il vincolo idrogeologico da solo copre circa due terzi dell’Isola). Per il Cpem il nuovo strumento regolatorio attribuiva “abnorme valenza di tutela ambientale ad alcuni vincoli, che in realtà non hanno fine di tutela paesaggistica o archeologica”. La posizione dell’assessore Contrafatto, riportata da askanews, era stata cristallina: “finalmente regole certe per gli impianti eolici in Sicilia”. E anche questo è vero.
A distanza di circa due mesi si attende il decreto del presidente della Regione, previsto entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per stabilire “le aree non idonee alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza superiore a 20 Kw” con riferimento ai limiti elencati all’articolo 1 della legge. I dubbi restano tutti. “La Regione ha deciso di paralizzare il comparto – ha spiegato al QdS Salvatore Di Maggio, architetto ed energy manager – invece sarebbe stato sufficiente riprendere il decreto presidenziale 18 luglio 2012, n.48 che già all’articolo 2 riportava il procedimento per l’indicazione delle aree non idonee all’installazione di specifiche tipologie di impianti”.
Lo scorso 14 gennaio la Regione ha incassato, da parte del dipartimento per gli Affari regionali della presidenza del Consiglio dei ministri, il via libera alla legge, e adesso prova ad accelerare. Lo leggiamo nel decreto dirigenziale del 21 gennaio firmato da Pietro Lo Monaco che istituisce una commissione per arrivare alla definizione su carta delle aree non idonee, operazione da compiere entro aprile. Intanto, e questa è la notizia più importante, congela tutto nelle “more della emanazione da parte del Presidente della Regione del proprio decreto che individua le aree”. Le conferenze di servizi già avviate, e riportate nell’allegato A del decreto, riguardano 42 impianti eolici distribuiti su tutta la Sicilia e alcune di queste richieste sono state protocollate addirittura nel 2006, ben 29 prima del 2010.
Il futuro è sempre più complicato. “Il settore è paralizzato perché anche la procedura autorizzativa semplificata – ha concluso Di Maggio – che dovrebbe permettere di avviare un impianto dandone semplice comunicazione al comune di riferimento, risulta in realtà assai più complicata”. La Regione non sembra avere le idee molto chiare e il futuro del minieolico, a questo punto, resta ancora un sussurro nel vento.