Compagnie aeree, utili alle stelle mentre i consumatori “piangono”

PALERMO – Il supplemento carburante (fuel surcharge) nei biglietti aerei ritorna al centro delle polemiche. Le compagnie mondiali hanno speso nel 2015 circa 180 miliardi di euro per riempire i serbatoi dei loro aerei, 46 miliardi in meno dei 226 dell’anno precedente. Di tali “risparmi” quasi nessuna traccia nei biglietti a beneficio dei consumatori. Il costo medio dei biglietti, infatti, nel 2015 – secondo il capo economista della Iata (l’organizzazione mondiale delle aerolinee) Brian Pearce – è sceso del 5%. L’United Federation of Travel Agents Associations (Uftaa), a settembre scorso, aveva accusato le compagnie parlando di “abuso vergognoso”.
Il presidente emerito dell’Uftaa, Mario Bevacqua ritorna sull’argomento aggiornandoci sui provvedimenti messi in campo dall’Unione europea. “Quello che io avevo denunciato sei mesi fa – dichiara Bevacqua – si è rivelato in tutta la sua realtà. Nel 2015 le compagnie aeree di tutto il mondo non avendo assolutamente diminuito il costo del carburante hanno portato i bilanci ad oltre 45 miliardi di dollari di utile, il tutto a scapito del consumatore. Ho incontrato il presidente della Commissione europea che si occupa di trasporti e so che ha attuato, secondo le normative vigenti, tutte le segnalazioni affinché tutte le compagnie aeree si rimettano in regola ma le compagnie hanno raggirato il problema; stanno facendo finta di adeguarsi”.
E nulla muta, verrebbe da esclamare. Bevacqua rincara la dose: “Bisognerebbe prendere dei provvedimenti; chi difende i consumatori ha lanciato anatemi ma non è andato fino in fondo alla questione. Ancora oggi se facciamo un’analisi tecnica delle tariffe ci rendiamo conto che sono avvenute delle trasformazioni: le compagnie hanno semplicemente trasferito il plusvalore sul costo del biglietto. Non si chiama più aumento carburante ma si chiama in un altro modo: non c’è stata una reale diminuzione del costo del biglietto”.
Secondo Repubblica.it le aerolinee “hanno preferito mettere fieno in cascina, approfittando di questo periodo di vacche grasse per rinnovare il parco aereo o girando un po’ di soldi ai soci provati da anni senza dividendi: solo i big Usa hanno distribuito tra cedole e buy-back 10 miliardi nel 2015”.
“In Italia è avvenuto qualcosa di ancor più scandaloso – conclude Bevacqua – appena lo Stato ha aumentato di 2,50 euro i diritti aeroportuali (dai 6,50 euro di partenza), che vanno a favore dei Comuni in cui si trova un aeroporto, le compagnie aeree hanno scatenato l’inferno minacciando di cancellare i voli poco remunerativi. Viceversa, non è successo nulla per la truffa dell’aumento carburante a danno dei consumatori”.
Le compagnie, leste a rialzare i costi dei biglietti quando le condizioni del mercato lo richiedono, non sembrano altrettanto propense ad attuare tale meccanismo quando si tratta di ritoccare le cifre al ribasso e l’Unione europea, fin qui, non ha utilizzato il pugno di ferro messo in campo in altre vicende d’interesse comunitario.