In Sicilia sovraffollate la metà delle carceri

PALERMO – È lontana dal potersi considerare definitivamente superata l’emergenza sovraffollamento nelle carceri italiane: gli istituti della Penisola, infatti, eccedono ancora di circa 300 unità (2.995) la capienza regolamentare, per un totale di 52.475 detenuti. Per quanto riguarda gli istituti siciliani, seppure dal totale generale l’emergenza sovraffolamento sembra superata (5.666 detenuti presenti contro una capienza massima di 5.833), in realtà ben il 52% (12 su 23) risulta in stato di sovraffollamento al 31 gennaio 2016. è quanto si legge nel periodico report del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, da cui si evince il primato di Siracusa (+116 detenuti).
Al secondo posto troviamo il penitenziario di Augusta (+93), quindi Agrigento (+77) e Catania Bicocca (+72), mentre alle ultime due posizioni si collocano Termini Imerese (+11) e Giarre (+6).
Una specifica categoria di detenuti verso cui la giurisprudenza ha mostrato particolare riguardo è costituita dalle donne madri con figli al seguito. Secondo quanto previsto dalla legge n. 62 del 21 Aprile 2011 esiste, infatti, per le detenute madri prive di dimora e con profilo di bassa pericolosità, con la finalità ultima di valorizzare il rapporto con i figli minori, la possibilità di carcerazione attenuata nelle cosiddette Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri), attualmente presenti a Torino “Lorusso e Cutugno”, Milano “San Vittore”, Venezia “Giudecca” e Cagliari.
Alla data del 31 gennaio 2016 il totale delle detenute madri (sia negli Icam che nelle carceri ordinarie) è di 42 con 46 figli, con un numero di italiane pari al 68% delle straniere (17 contro 25) e con una differenza di 12 unità rispetto al numero dei figli (17 italiani contro 29 minori stranieri).
I numeri più alti di detenute con figli, a prescindere dalla nazionalità, si registrano a Venezia “Giudecca” (10 madri per 12 figli), Torino “Lorusso e Cutugno” (7 madri per 8 bambini) e Roma “Rebibbia femminile” (7 madri per 7 figli al seguito). Al contrario, gli istituti che ospitano in assoluto meno donne si trovano tutti al Centro-Sud: Abruzzo (Teramo) e Puglia (Foggia), con una detenuta italiana con un figlio, e Sicilia (Agrigento) dove l’unica donna detenuta con figlio al seguito è di nazionalità straniera.
Seppur nelle lodevoli intenzioni del legislatore, è doveroso sottolineare come la permanenza in carcere di bambini di fascia di età 0-10, almeno per come gli Icam sono attualmente strutturati (ampia variabilità dell’utenza, che va dalle donne incinte alle donne con bambini, ovvero l’ampia differenza di età dei bambini), possa pregiudicare lo sviluppo psicofisico e sociale dei minori, e come l’alternativa delle Case famiglia protette appaia una soluzione auspicabile.
Secondo quanto riportato da Terre des Hommes, fondazione che da oltre un ventennio si occupa della protezione dei minori, infatti, tali strutture sarebbero maggiormente rispondenti alle reali necessità dei minori, poiché in grado di fornire una risposta personalizzata alle specifiche esigenze di ciascuna fascia di età, costituendo inoltre un efficace sostegno alla genitorialità e all’inserimento sociale delle madri e godendo di un minor costo di gestione rispetto agli Icam. 
L’arcipelago della giustizia italiana si arricchisce con i dati sui detenuti ammessi alle misure alternative che, al 31 Gennaio scorso, toccano le 22.209 unità con poco meno di 12.000 (11.943) destinatari della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale (corrispondenti al 53% del totale). All’interno di questa categoria, più della metà (6.066) proviene da un precedente stato di libertà, al contrario dei semiliberi che provengono per l’89% (636 su 710) da un precedente stato di detenzione. I soggetti in detenzione domiciliare provengono infine in egual proporzione (poco più di un terzo) dalla libertà (3.615) e dalla detenzione (3.560), per un totale complessivo di 9.556 beneficiari della misura.