È inaccettabile che la Regione Valle d’Aosta e le Province di Trento e di Bolzano ricevano trasferimenti dallo Stato per diecimila euro pro capite; è altrettanto inaccettabile che la Regione siciliana mantenga centomila tra dipendenti e dirigenti, molti dei quali non lavorano affatto pur percependo ogni mese il loro stipendio.
Ancor più inaccettabile è che vi siano consiglieri regionali, come quelli siciliani, che costano oltre ventimila euro al mese cadauno, mentre i consiglieri lombardi costano la metà.
Vi è poi una questione di funzionalità dell’amministrazione pubblica e cioè che molte leggi dello Stato vengano rifiutate dalle Regioni in nome della loro autonomia, accentuando così la disparità tra cittadini, in palese violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Il guaio citato riguarda le cosiddette materie la cui competenza è in concorso fra Stato e Regione, con la conseguenza di lunghissimi percorsi burocratici per stabilire chi deve decidere cosa.
La riforma costituzionale, non ancora approvata, ha previsto che su una serie di materie in concorso la competenza diventi esclusivamente dello Stato, ma resta alle Regioni ordinarie, e soprattutto a quelle speciali, facoltà di intervento su materie di ordine generale.
L’Italia va ordinata, sia condensando la miriade di leggi, di decreti e di regolamenti in testi semplificati e di facile applicazione, che valgano ovunque, da Cogne a Pachino.
L’Italia va ordinata con una burocrazia di ogni livello, che dialoghi con i cittadini in tempo reale, con software compatibili e procedure unificate, in modo che gli italiani si sentano protagonisti della vita pubblica e privata, in ogni luogo del Paese, senza alcuna distinzione geografica, utilizzando sempre e comunque procedure digitalizzate.
Perché ciò avvenga è necessaria una Classe politica preparata, capace di guidare le Istituzioni all’insegna dell’interesse generale.
La Cina di 1,3 miliardi di abitanti è governata da appena da tremila persone, con un organo centrale composto da una decina di leader. Non vi sono libertà, ma il grande Paese orientale progredisce del sette per cento l’anno e nel 2030 il suo Pil forse supererà quello statunitense, oggi primo al mondo.
Un regime non è auspicabile, ma neanche l’attuale caos. Perché con il caos l’Italia non potrà rimettersi a crescere.