Cattolicesimo in crisi? Nel Mezzogiorno resiste

PALERMO – È possibile datare dagli anni ’80 l’ingresso nel tunnel della crisi dei valori cattolici, crisi poi ampiamente accentuata a partire dai primi anni del nuovo millennio. In particolar modo, saranno due gli indicatori che terremo in considerazione al fine di valutare il grado di attaccamento degli italiani ai valori cattolici: ovvero, la partecipazione scolastica degli studenti all’ora di religione, grazie ai dati contenuti all’interno del rapporto “Italia 2016” redatto da Eurispes (Istituto di ricerca degli italiani) e l’incidenza dei matrimoni celebrati con rito civile rispetto alla quota di unioni celebrate con rito religioso, sulla base dei dati aggiornati al 2014 elaborati dall’Istituto nazionale di statistica.
È proprio tra i più giovani che è possibile rilevare il culmine della crisi dei valori cristiani. Infatti, nel corso dell’anno scolastico 2013/2014 è stato possibile contare oltre un milione gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, una quota doppia rispetto a quella rilevata vent’anni fa. Ci si sottrae maggiormente all’insegnamento della religione cattolica nell’Italia centro – settentrionale. Al contrario, maggiore adesione all’insegnamento si rinviene nelle regioni dell’Italia insulare e meridionale.
In particolare, nelle otto regioni del Mezzogiorno è sempre possibile rilevare una sottrazione all’insegnamento della religione inferiore al 5%, con l’unica eccezione della Sardegna (6,1%). In Sicilia ci si sottrae solo nel 2,9% dei casi. Mentre è la Campania la regione “più cattolica” con un tasso di sottrazione pari all’1,7%, ovvero il più contenuto a livello nazionale.
Valori decisamente più elevati si riscontrano nel Settentrione, in particolare in Toscana (20,7%), Emilia Romagna (19,6%), Valle d’Aosta (18,8%), Piemonte (18,8%) e Lombardia (17,7%). Valori a metà strada tra Settentrione e Mezzogiorno si riscontrano al Centro con il Lazio con un tasso di sottrazione al 10,9% e le Marche al 10,6%.
Relativamente al grado di istruzione, nel decennio 1995-2014 sono le scuole primarie a registrare la variazione percentuale più sostenuta di studenti non frequentanti l’ora di religione (+175%), seguite da quelle dell’infanzia (+162,9%).
Spostandoci all’analisi dei matrimoni celebrati con rito civile, nel 2014 hanno rappresentato il 27,3% dei matrimoni celebrati tra coppie italiane (contro il 20% del 2008). In termini numerici a livello nazionale è possibile parlare di 39.765 matrimoni celebrati con rito civile, contro i 105.806 celebrati con rito religioso (a confronto rispettivamente con i 37.151 e 148.598 del 2008). Osservando la distribuzione geografica della quota dei primi matrimoni celebrati con rito civile di sposi entrambi italiani, è possibile osservare la celebrazione delle nozze con rito civile per il 33% degli sposi italiani che risiedono al Nord, il 35% di quelli che risiedono al Centro e il 18% degli sposi residenti nel Mezzogiorno. Dunque, ancora una volta l’Italia meridionale ed insulare continua a mantenersi fedele alla tradizione.
Dunque, possiamo concludere osservando l’avanzato stadio del processo di secolarizzazione in corso, in particolar modo nell’Italia settentrionale. Mentre i cittadini residenti nel Mezzogiorno appaiono essere maggiormente fedeli e legati alla tradizione, sebbene anche qui sia già in corso un cambiamento di rotta.