Sviluppo dei boschi di Sicilia ennesima occasione sprecata

PALERMO – Il verde continua a conquistare l’Italia. Negli ultimi due decenni le foreste nazionali sono cresciute con un ritmo medio di 28mila ettari all’anno portando la superficie forestale nazionale a circa 11 milioni di ettari. Gli ultimi dati sono stati diffusi dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) e fanno riferimento alle stime del terzo Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (Infc). Cresce anche la Sicilia, seppur meno delle altre, ma il vero problema nazionale, denuncia in una lunga nota l’ente di ricerca governativo, è l’assenza di pianificazione.
“I boschi ricoprono oltre un terzo del territorio nazionale (36%), pari al 5% della superficie forestale europea”. Lo scrive il Crea precisando che “l’avanzata del bosco, però, non risulta essere il frutto di un’attività di pianificazione e gestione del patrimonio forestale e territoriale (solo nel 15% dei casi le proprietà forestali hanno un piano di gestione)”. Secondo l’Ente di ricerca vigilato dal Mipaaf, si tratta di una sua “espansione naturale, dovuta al progressivo abbandono delle attività agro-pastorali, soprattutto nelle aree rurali e montane”. Un dato su tutti pare indicativo: appena 1.700 ettari all’anno sono opera del rimboschimento dell’uomo.
Numeri che offrono due chiavi di lettura, entrambe preoccupanti. La prima è che l’espansione “naturale” non è una buona notizia, perché “può essere dannosa non solo per gli stessi boschi, con il rischio di incendi (nel solo 2014 sono stati percorsi dal fuoco oltre 17.320 ettari di bosco), attacchi di parassiti o bufere di vento ma anche per l’assetto idrogeologico del territorio”. L’altro aspetto è quello economico visto che “il patrimonio forestale nazionale costituisce non solo un bene ambientale e paesaggistico unico in Europa ma presenta anche potenziale economico inespresso e sottoutilizzato”.
I boschi italiani contengono circa 1,2 miliardi di metri cubi di legno e hanno un incremento annuale di oltre 36 milioni di metri cubi. Il prelievo, però, è soltanto di 10 milioni di mc, un dato che è pari al 35% dell’incremento annuale dei boschi utilizzabili (in Europa si supera il 60%). L’Italia preferisce importare – la prima al mondo per legna da ardere – e complessivamente l’80% del materiale legnoso utilizzato arriva dall’estero.
E la Sicilia? Dalla rilevazione del 2005 alle prime stime sul 2015 è passata da 337mila ettari a 381mila, senza includere nel calcolo gli impianti di arboricoltura. Nell’Isola lo spreco è una tradizione acquisita e il settore delle foreste non fa eccezione. Qualche anno fa proprio l’Enama (Ente nazionale per la meccanizzazione agricola) aveva calcolato l’enorme potenziale di residui delle colture erbacee nell’Isola (363mila tonnellate potenziali e 145mila effettive) al quale  aggiungere le colture arboree (altre 600mila tonnellate potenziali, 288mila effettive). La Sicilia detiene una delle più basse quote di prelievo (13 mila per uso energetico e 15mila da lavoro, dati Istat) che una stima fissa a 0,06 (mc/ettaro/annui). A distanze abissali le altre realtà nazionali (2mc/ettaro/annui nelle piantagioni di pioppi della Pianura Padana) ed europee come Francia, Spagna e Portogallo (4 mc/ettaro/anno) e Germania e Gran Bretagna (intorno a 5,5 mc/ettaro/annui).
La speranza risiede nella riforma del settore forestale promessa dall’assessore Cracolici. Entro 120 giorni si dovrebbe varare – condizionale d’obbligo visto che se ne parla da anni – una riforma per mettere al centro anche la “valorizzazione produttiva dei boschi”.