Di questo scenario non vi è traccia nella Pubblica amministrazione, né statale, né regionale, né locale. Ciò perché si sconoscono i due valori fondamentali del lavoro: il merito e la responsabilità. Il merito presuppone che siano scelti i più capaci, i più preparati professionalmente per assumere responsabilità; d’altra parte, una volta assunti, debbono essere premiati i risultati e sanzionati quando essi non si conseguono.
A monte di quanto precede devono essere stilati i Piani aziendali che stabiliscano obiettivi, tempi e modalità per conseguirli.
Fissati i criteri delle attività e valutati i risultati, il ceto politico che governa la burocrazia pubblica dovrebbe pervenire a conclusione: premiare o sanzionare i dirigenti. Ma mentre i premi vengono elargiti con munificenza, le sanzioni non vengono mai comminate neanche nei confronti dei dirigenti condannati, che dovrebbero essere perciò espulsi dalla Pa.
In Italia, in questi settant’anni, non si è mai visto un dirigente licenziato per inefficienza o per non avere conseguito i risultati previsti. Cosicché ognuno resta al proprio posto, a prescindere.
Perché questa lentezza per fare una riforma essenziale come quella della Pa? La risposta è solare: al tacchino non piace il Natale. All’attuale burocrazia non piace essere riformata, perché perderebbe tutti i privilegi di cui gode e ai quali non intende rinunciare.
Solo se ci fosse una Classe politica senza scheletri negli armadi, competente e culturalmente forte, potrebbe essere effettuata la necessaria selezione all’interno dei quattro milioni di dipendenti pubblici diretti e indiretti, per fare emergere quelli bravi, che ci sono, cui affidare i posti apicali, e cacciare fannulloni e traffichini, risolvendo i contrasti come la legge consente di fare.
Ma purtroppo questa Classe politica qualificata non c’è e, quindi, di demagogia in demagogia, di rinvio in rinvio, la malattia cronica dell’inefficienza pubblica non viene curata.
L’opinione pubblica, vera e forte, deve intervenire con ogni mezzo per ribaltare questa disastrosa situazione. Oppure si perirà di inefficienza.