In Sicilia commercio in crisi. Aumentano venditori ambulanti

PALERMO – Avere una struttura “fisica” commerciale ha costi eccessivamente alti. Affitti, impiegati, tasse e costi fissi. Troppo in questo momento di crisi. In Sicilia allora ci si ingegna e si volta pagina; meglio fare l’ambulante: meno costi da dovere sopportare e maggior margine di guadagno. è il nuovo volto del commercio nell’Isola dove in maniera chiara e inequivocabile viene fuori che diminuiscono i negozi mentre aumentano i venditori ambulanti.
Ecco come cambia l’economia palermitana e siciliana secondo uno studio di Confimprese. Nei primi tre mesi dell’anno, in Sicilia, sono scomparse dal tessuto produttivo locale 23.294 aziende, mentre le aperture sono state 3.716. Nel 2015 gli ambulanti sono aumentati di 2.834 unità (+76,2% rispetto al 2014) e il numero dei commercianti che non esercitano la propria attività in un luogo stabile risulta pari a 20.412. Tra le province siciliane è Palermo con 7.020 aziende ambulanti a registrare l’aumento più significativo su scala regionale. Da gennaio a marzo nelle 9 province sono state avviate 208 procedure di fallimento e ad abbassare le saracinesche non solo soltanto i “piccoli”, vale a dire i marchi senza storia alle spalle. La cosa che più preoccupa è che si arrendono alla crisi anche chi ha fatto la storia del commercio, chi ha un nome ed una solidità. Basta pensare che solo nell’ultimo periodo hanno chiuso i battenti marchi come Hugony, Carieri e Carieri, il Bar Mazara, Fiorentino, Flaccovio, Alfano Sport e Stefanel; e questi sono solo alcuni dei negozi che ormai appartengono al passato. A questo si associa un problema di credito. Ammonta a 67 milioni di euro il valore dei titoli di credito protestati in Sicilia nel 2015: 68.679 tra assegni e cambiali. Gli assegni protestati risultano pari a 11.414 (in media 38 assegni per ciascun giorno lavorativo) pari a 14.109.253 euro;  le cambiali sono state 57.265 (192 al giorno), per un totale di 52.659.748 euro.
“Siamo di fronte ad un dato allarmante – afferma Confimprese – che riguarda non solo la Sicilia ma anche il resto d’Italia e che contribuisce ad alimentare un esercito di ‘invisibili’ del credito, formato da cittadini ed ex o aspiranti imprenditori, che spesso non potendo chiedere prestiti o finanziamenti attraverso i canali ordinari si rivolge al mercato nero e parallelo dell’usura”.
Secondo l’associazione, bisognerebbe ripensare alle leggi antiusura e mettere in campo misure per fare sì che gli imprenditori onesti, seppur insolventi, ottengano rapidamente una seconda possibilità. “Lo Stato – aggiunge l’associazione di categoria – attraverso il ‘Medio Credito Centrale’ e le Regioni possono concorrere alla costituzione di un fondo che eroghi e garantisca finanziamenti per prestiti anche a quei soggetti inseriti nelle liste dei protesti, ai quali le banche non erogano credito”.
Nel corso dell’incontro l’associazione di categoria ha avanzato alcune proposte per lo sviluppo finalizzate, a  ridare slancio al tessuto imprenditoriale siciliano: “Per invertire il trend negativo di un’economia al collasso, qual è quella siciliana, – è stato evidenziato – serve un’operazione verità. Basta assistenzialismo, bisogna rendere produttivo il patrimoni materiale e immateriale di cui la Sicilia dispone: dal turismo, ai beni culturali, all’energia per favorire anche la nascita di nuove realtà produttive e la creazione di nuove opportunità di lavoro. Basta a società partecipate regionali ridotte a parcheggi ‘umani’, dove collocare precari a bivaccare, ma è necessario utilizzarle queste risorse laddove servono”.