In Sicilia un’impresa su sette paga con 120 giorni di ritardo

PALERMO – La stagnazione economica è la prima causa che toglie ossigeno alle aziende. E in mancanza di liquidità, si sa che una delle misure che le aziende adottano di conseguenza è quella di rinviare i pagamenti ai fornitori, spesso con tempistiche anche preoccupanti e con ritardi che vanno oltre i due mesi.
A monitorare questo fenomeno ci pensa Cerved, che con il suo Osservatorio sui protesti e i pagamenti delle imprese, ci dà una misura delle condizioni in cui versano le aziende italiane. I dati più recenti di tale Osservatorio, diffusi lo scorso mese, rivelano un miglioramento della situzione. Si riduce, infatti, in tutto il territorio nazionale, il numero dei giorni che un’azienda impiega per effettuare i pagamenti, e di conseguenza si riduce anche il numero dei protesti. Se infatti nel primo trimestre 2015, un’impresa impiegava in media 76,5 giorni, nel primo trimestre 2016 vengono impiegati 1,7 giorni in meno.
In particolare, il Mezzogiorno riesce a colmare il gap rispetto alle imprese delle regioni settentrionali. Se nel primo trimestre del 2015 le aziende meridionali impiegavano 81,2 giorni per i pagamenti, un anno dopo, tale tempistica si riduce a 78,6 giorni. Lo stesso vale per le imprese del Centro, mentre al Nord-est e al Nord-ovest i tempi si accorciano, nel primo caso fino a 70,4 giorni, nel secondo fino a 74,5. Da notare, dunque, che nonostante il sensibile miglioramento, il Mezzogiorno resta comunque l’area più in difficoltà.
La Sicilia, in particolare, non  è certo una realtà virtuosa. Nella nostra Isola, infatti, le imprese pagano mediamente con 29,2 giorni di ritardo rispetto ai tempi programmati, seconda solo al Lazio, dove il ritardo accumulato arriva mediamente fino a 30,1 giorni. Dall’altro lato della classifica il Trentino Alto Adige, dove le imprese pagano con non più di 8,5 giorni di ritardo. In generale, per tutte le regioni del Sud si riscontrano ritardi che vanno oltre i 20 giorni, mentre al Nord si è più puntuali.
Come se non bastasse, la Sicilia è anche la regione che detiene la più ampia percentuale di aziende in grave ritardo nei pagamenti, ovvero di aziende che accumulano oltre 60 giorni di ritardo. Parliamo del 14%, contro il 3,8% del Trentino Alto Adige, il 4% di Lombardia e Veneto, il 4,7% in Emilia Romagna, il 4,9% in Friuli Venezia Giulia. Ancora una volta, è il Mezzogiorno a detenere la maglia nera delle imprese che ritardano nei pagamenti: in Calabria ve ne sono 12,4 su 100, mentre in Sardegna, Campania e Puglia la quota supera il 9%.
Stesso discorso vale per i protesti, che diminuiscono in maniera significativa anche e soprattutto al Sud, sebbene tale area resti comunque quella con la maggiore diffusione del fenomeno. Si parla infatti di 0,8 imprese protestate ogni 100, contro le 0,5 del Centro, le 0,4 del Nord-ovest e le 0,2 del Nord-est. Nello specifico, il calo dei protesti in Sicilia, nel primo trimestre del 2016, è stato sensibile e si è attestato al 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Flessioni accentuate si sono avute anche in Basilicata (-27%), Toscana (-30,1%) e Piemonte (-31,5%).
I dati, se paragonati con quelli dell’anno precedente e con quelli del 2013, sembrano confortanti. Rispetto al 2015, infatti, i protesti a livello nazionale sono diminuiti del 21%, mentre rispetto al 2013, quando c’è stato il picco delle aziende protestate, la flessione si attesta addirittura al 48%. Nonostante ciò, è forse un po’ presto per parlare di sblocco dell’economia. Ritardi e protesti rimangono comunque un segnale di seria difficoltà per le aziende italiane.