La Sicilia negli ultimi vent’anni è diventata uno stipendificio, conseguenza dello scambio fra voto e bisogno, che una classe politica di scarso livello ha diffuso a piene mani.
Non solo ha avuto un comportamento diseducativo perché contrario al dovere che impone a ciascuno di dare più di quanto riceve, ma anche una mentalità lassista e irresponsabile, secondo la quale ognuno ha il diritto di percepire lo stipendio, ma non ha il dovere di rendere una contropartita.
Cosicché si è diffusa la mentalità che ogni siciliano cerca un posto di lavoro e non un lavoro.
Intendiamoci, non è che il settore privato non esista. Esiste, eccome. Però è tartassato da una burocrazia che anziché aiutarlo lo vessa con ritardi continui e facendogli perdere tempo prezioso per l’espletamento dei procedimenti burocratici.
Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, sostiene che la corruzione sia la vera mafia ed aggiunge che tutti gli enti pubblici devono creare al loro interno gli anticorpi e cioè utilizzando i due strumenti principali: trasparenza e semplificazione delle procedure.
Trasparenza significa che tutti i procedimenti debbano essere digitali, per cui il dialogo fra cittadini e Pa avviene solo per via telematica.
Fra i loro compiti, vi è quello di incassare le tasse comunali. Sembra che la morosità arrivi fino alla metà del dovuto. Di chi è la responsabilità? Probabilemnte degli enti di riscossione che non sono organizzati in modo efficiente; ma anche degli stessi Comuni che per deficienza della propria burocrazia, emettono cartelle esattoriali sbagliate, piene di errori per poi essere annullate.
I sindaci abbandonano via via Equitalia e, in Sicilia, Riscossione Sicilia Spa, altro carrozzone appartenente alla scuderia delle partecipate regionali. Già 2.500 sindaci italiani sono andati via da Equitalia che in cinque anni ha perso il 41% dei propri clienti.
Renzi ha comunciato: A fine anno bye bye Equitalia. Non ha parlato di chi sostituirà l’Esattore né quali saranno le facilitazioni per ottenere il risultato di avere minore morosità.
I sindaci si lamentano che le entrate da Stato e Regioni diminuiscono, ma hanno una paura matta di redigere il Piano aziendale che riequilibrerebbe i conti, perché per fare questo, ci vuole professionalità.