La questione, ormai annosa e polverosa, riguarda il modo di pagare le prestazioni di dipendenti e dirigenti pubblici. Tale modo si può sintetizzare in un corrispettivo delle ore lavorate (si fa per dire). Si sa che il contratto è di 36 ore settimanali – un privilegio, perchè tutti gli altri lavoratori ne fanno 40 – e, presenti o non presenti, produttivi o non produttivi, alla fine del mese lo stipendio viene pagato sempre puntualmente e prioritariamente rispetto ad altri debiti che ha l’ente erogatore.
Il Governo ha aperto la trattativa con i sindacati per il rinnovo del contratto, ma non ha messo all’ordine del giorno il cuore del rinnovo: pagare gli stipendi in base ai provvedimenti erogati. Inoltre, istituire un apposito organo interno che provveda al controllo dell’efficienza e al controllo della corruzione. Un organo interno formato da professionisti esterni, indipendenti e autonomi, dotati di credenziali necessarie perché assicurino un loro comportamento integerrimo.
Se ogni dirigente, che gestisce funzionari e dipendenti, avesse l’obiettivo di smaltire ogni giorno un certo numero di provvedimenti, si capirebbe immediatamente se egli è idoneo all’incarico ricevuto, oppure no.
Dunque, la questione è semplice: non stipendiare più le ore lavorate e pagare, invece, dirigenti e dipendenti in base ai provvedimenti emessi, cioè in base al prodotto del loro lavoro.
Sorge la domanda: ma se non viene prodotto il lavoro, non si debbono pagare? Ovvia è la risposta affermativa.
Una vecchia canzone di Celentano suonava: Chi non lavora non fa l’amore. Parafrasando si dovrebbe dire di dirigenti e dipendenti pubblici: Chi non produce non prende il salario.
Poi, c’è la ridicola questione dei premi di risultato percepiti dai dirigenti pubblici indipendentemente dal risultato. Sembra incredibile, ma è così. Ancora più incredibile è che stampa e televisioni nazionali e locali non evidenzino con continuità all’opinione pubblica queste discrasie, forse non comprendendo che esse sono una causa rilevante del mancato sviluppo del nostro Paese, mentre nel Sud c’è un vero e proprio sottosviluppo.
Non ce l’abbiamo con tutti i pubblici dipendenti perché ve ne sono tanti bravi che servono con onore.